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Una nuova terapia per la sindrome nefrosica

 

I ricercatori dell’Unità Operativa Nefrologia, Dialisi, Trapianto dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, al termine di uno studio durato 3 anni, hanno dimostrato che l’uso di un farmaco biologico (rituximab), utilizzato in precedenza per le malattie del sangue, può fermare, stabilizzandola, la sindrome nefrosica, malattia renale che fino ad oggi produceva effetti devastanti sulla vita di tanti piccoli pazienti. Lo studio realizzato al Gaslini, che si è avvalso della partecipazione dell'Università di Calgary (CN), dell'Università di Milano, di Padova e di Brescia, sarà pubblicata sul Clinical Journal of the American Society of Nephrology.
“La sindrome nefrosica è una delle più frequenti malattie renali in età pediatrica – spiega il dottor Gian Marco Ghiggeri, Direttore dell’Unità Operativa Nefrologia, Dialisi, Trapianto del Gaslini – colpisce 1 paziente su 50.000 e può presentare problemi di terapia. Nella grande maggioranza dei casi richiede lunghi cicli terapeutici (che in genere durano anni) con farmaci steroidei ed immunodepressori, che creano effetti collaterali devastanti per i bambini: cataratta, osteoporosi, arresto della crescita, ipertensione arteriosa. Questa scoperta nasce a 50 anni dalla validazione delle prime terapie per la sindrome nefrosica, che allora all’avanguardia, presentano oggi limiti inaccettabili a causa degli effetti collaterali”.
La ricerca - basata sul principio scientifico della randomizzazione - dimostra per la prima volta l’utilità della terapia biologica nella sindrome nefrosica, che di fatto sostituirà le altre terapie in uso. “Un’Importante novità è la somministrazione degli anticorpi monoclonali, che avviene una volta ogni 6-12 mesi, con enormi vantaggi nella vita dei piccoli pazienti – spiega il dottor Gian Marco Ghiggeri – sia dal punto di vista delle complicanze fisiche, che vengono notevolmente ridotte, sia dal punto di vista psicologico: eliminare la necessità della cura quotidiana, permette a molti pazienti una nuova vita senza l’incubo giornaliero della dipendenza dalle “pillole” e l’ansia dei genitori sul loro effetto”. Nel 10 % dei casi è stata ottenuta la stabile remissione della malattia.
“Questa scoperta è il naturale completamento del lavoro pionieristico realizzato al Gaslini dalla professoressa Rosanna Gusmano, recentemente scomparsa, e ben si inserisce nella tradizione dell’Istituto” ha sottolineato il Direttore Generale del Gaslini dottor Paolo Petralia. “La scoperta cade a quarant’anni dalla prima dialisi in un bambino effettuata al Gaslini nel 1969 dalla professoressa Gusmano – aggiunge il dottor Petralia - ricordiamo oggi quella procedura che significò l’inizio di una nuova vita per tanti piccoli pazienti, che prima di allora non avevano possibilità di sopravvivenza. Siamo orgogliosi di presentare oggi un’altra tappa fondamentale per la cura delle malattie renali pediatriche”.
La terapia si basa su una nuova interpretazione della genesi della malattia renale che - in soggetti predisposti - può essere determinata da un eccesso di risposta ad infezioni, causate da agenti esogeni (batteri, virus). Osservazioni casuali avevano recentemente suggerito che l’eliminazione di cellule del sangue, note come linfociti B, potesse contribuire a mantenere una stabile normalità in piccoli pazienti affetti da sindrome nefrosica. “La ricerca condotta presso l’Unità Operativa Nefrologia, Dialisi e Trapianto del Gaslini – conclude Ghiggeri - ha dimostrato per la prima volta che la terapia biologica con un anticorpo monoclonale, prodotto in laboratorio da cellule murine e rivolto verso i linfociti B umani (anticorpo anti CD20, Rituximab),produce una stabile remissione della sindrome nefrosica e permette la sospensione delle altre terapie a base di cortisone ed immunodepressori”.
Tratto da: Sanità News, 10 marzo 2011