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Trigliceridi alti addio: ecco come ridurli

 

Secondo una recente ricerca danese dell'Università di Copenaghen condotta su circa 14 mila persone, donne e uomini avrebbero una suscettibilità diversa ai grassi del sangue: livelli elevati di colesterolo sono per i maschi un fattore di rischio per l'ictus, identificato invece nelle femmine con i trigliceridi alti. Mentre però l'ipercolesterolemia può essere ben controllata con i farmaci, sono ancora poche le medicine in grado di tenere a bada il livello dei trigliceridi, proteggendo il gentil sesso. Tanto che la prevenzione resta un'arma irrinunciabile contro l'ipertrigliceridemia.
I trigliceridi, noti anche come grassi, non sono però da demonizzare del tutto: svolgono infatti una funzione di riserva energetica e, immagazzinati con facilità nelle cellule adipose in caso di eccesso calorico, vengono rapidamente resi disponibili quando serve, fornendo più del doppio di energia rispetto a carboidrati e proteine. Quando il loro valore nel sangue supera il limite di 150 mg/dl, si parla di ipertrigliceridemia (uno dei 5 fattori che caratterizzano la Sindrome Metabolica), condizione a volte ereditaria che contribuisce ad aggravare il quadro di questa malattia, in aumento nei paesi industrializzati. Per misurare correttamente il tasso dei trigliceridi è necessario essere a digiuno al momento del prelievo da almeno 12 ore e aver consumato la sera precedente un pasto leggero.
Ma come abbassare l'ipertrigliceridemia o, meglio ancora, prevenirla? La prima regola è mantenere il peso forma o ridurre i chili di troppo, in caso di soprappeso o obesità, adottando una dieta ipocalorica e facendo attività fisica regolare. Non vanno eliminati del tutto i grassi, ma bisogna scegliere quelli giusti, abolendo quelli saturi di derivazione animale (scegliendo carni e formaggi più magri), mentre i grassi insaturi, di cui sono ricchi gli oli vegetali (come l'olio extravergine di oliva) svolgono un effetto opposto.
In realtà dovrebbero essere ridotti soprattutto gli zuccheri, trasformati in trigliceridi e depositati nel tessuto adiposo (quando introdotti in eccesso): la dieta, in altre parole, deve essere più simile a quella di un diabetico che a quella di un paziente con colesterolo alto. I carboidrati 'complessi' a lenta digeribilità e a basso indice glicemico, contenuti soprattutto nella pasta e in misura minore nel riso, pane e patate, sono da preferire agli zuccheri 'semplici' (i dolci) e anche al fruttosio, contenuto in maggiore quantità nella frutta dolce e matura (cachi, fichi e uva, ma anche banane). Via libera invece alla verdura, ricca di fibre, che svolgono un'azione di controllo dell'assorbimento intestinale dei grassi, e ai legumi, da introdurre 2 volte a settimana, mentre va abolito del tutto l'alcol.
Fondamentale è aumentare il consumo di pesce, ricco di acidi grassi polinsaturi omega-3 o “fish oil”, fattori nutrizionali di protezione nei confronti del cuore e del sistema circolatorio, caratteristici della dieta mediterranea. I grassi “buoni” del pesce, contenuti soprattutto in quello azzurro (sardine, acciughe, sgombro, tonno, ma anche salmone), riducono il tasso dei trigliceridi nel sangue e svolgono un'azione antitrombotica (simile entro certi limiti a quella dell'aspirina) e antiaritmica. Le quantità? Il consumo abituale di due porzioni settimanali può essere sufficiente a garantire nelle persone sane una protezione valida contro infarto e trombosi.
L'attività fisica contribuisce in vari modi a normalizzare il tasso dei trigliceridi: oltre a mantenere stabile il peso corporeo, aumenta l'attività degli enzimi che metabolizzano questi lipidi (soprattutto la Lipoprotein-Lipasi, o LPL) presenti nelle riserve muscolari, e, secondo uno studio giapponese recente, (http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20075597) favorisce l’utilizzo degli acidi grassi liberi presenti nel sangue, che possono così essere usati dalla cellula come fonte energetica.
Tratto da: tiscali.it, Brigida Stagno, 21 marzo 2011