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Obesitā: quali i rischi?

 

Obesità: un problema di salute pubblica
L’obesità è oggi considerata il disturbo metabolico più diffuso nei paesi industrializzati occidentali, mentre il sovrappeso è ormai un problema globale. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, infatti, gli adulti in sovrappeso sono più di un miliardo, dei quali almeno trecento milioni sono obesi. Nel nostro paese, secondo ricerche più recenti, un italiano su dieci è obeso, con un incremento annuo dell’8 per cento. Non solo: meno della metà degli anziani ha un peso regolare (il 38 per cento degli uomini e il 44 per cento delle donne) e tra le donne dopo i 50 anni, oltre il 30 per cento ha problemi di peso e l’80 per cento di queste ha anche problemi di ipertensione.
Il problema del sovrappeso e soprattutto dell’obesità è estremamente serio e va affrontato sul fronte sanitario fin dall’adolescenza. Aumenta, infatti, in Italia il numero di bambini e bambine, ragazzi e ragazze obesi: chi è obeso da giovane ha fino a 80 probabilità su 100 di essere obeso anche da adulto tanto da far prospettare in un futuro non troppo lontano una nuova generazione nella quale la malattia sarà sempre più diffusa.
Quali sono i fattori di rischio legati all’obesità?
 Gli studi condotti fino ad oggi dimostrano come l’obesità si associ con il rischio di andare incontro ad alcune forme di tumore (per esempio del colon e del seno), al diabete, all’osteoporosi e soprattutto a un maggior pericolo di incorrere in malattie cardiovascolari, perché l’aumento del peso corporeo favorisce variazioni nei valori del colesterolo e dei grassi nel sangue, con conseguente incremento del rischio aterosclerotico. Un altro fattore di rischio è la minore aspettativa di vita: si stima che giovani adulti con un indice di massa corporea uguale o superiore a 35 abbiano una riduzione nella durata della vita di 8-13 anni.
Parlare genericamente di peso corporeo, però, non è sufficiente. È la distribuzione del grasso all’interno dell’organismo la vera "chiave" dei rischi legati al sovrappeso e all’obesità. In particolare è oggi accertato che il grasso viscerale, che si accumula soprattutto all’interno dell’addome, rappresenta un fattore di rischio specifico per le malattie cardiovascolari (la presenza di obesità addominale aumenta di oltre il doppio il rischio di infarto miocardio acuto). "Non tutti i tipi di grasso sono uguali", sottolinea Michele Carruba, Direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità dell’Università degli Studi di Milano. "Il grasso viscerale, o meglio intra-addominale, infatti, ha caratteristiche diverse da quello sottocutaneo (che si trova ad esempio nei glutei) sia per la struttura delle cellule sia per gli effetti che le cellule esercitano sul metabolismo, con un incremento dei rischi per l’apparato cardiovascolare". 
La misurazione della circonferenza addominale, un test estremamente semplice da effettuare, dovrebbe essere sempre associato alla valutazione dell’indice di massa corporea che, nonostante sia ormai uno standard nella valutazione del peso corporeo, non è un indice di valutazione completo in quanto non considera l’eccesso di grasso a livello dell’addome. Per avere uno standard di riferimento, possiamo parlare di obesità addominale quando la circonferenza vita supera valori di 102 e 88 centimetri rispettivamente nei maschi e nelle femmine.
Misurare la circonferenza vita
Posizionare un metro intorno all’addome nudo, appena sopra la cresta iliaca
Assicurarsi che il metro sia teso, ma che non comprima la pelle
Il metro deve essere parallelo a terra
Il paziente deve essere rilassato e respirare mentre si effettua la misurazione
Come combattere l’obesità?
La cura dell’obesità è difficile e lunga. Per questo è bene affidarsi al medico e seguire un programma preciso, che comprenda sia una dieta ipocalorica, con la conseguente modificazione delle abitudini alimentari della persona, sia una regolare attività fisica. Chi si accanisce in diete rigide che permettono di dimagrire molto in poco tempo rischia poi di riguadagnarli in tempi altrettanto rapidi: è la cosiddetta sindrome dello yo-yo che porta addirittura a peggiorare lo stato di obesità. 
Meglio quindi stabilire degli obiettivi realistici e raggiungibili: "fermare" l’aumento di peso per programmare poi la "riduzione" graduale del peso. Il calo ponderale, infatti, non va considerato stabile nel tempo. Di solito si perde peso più in fretta nelle prime settimane, poi, progressivamente, la perdita si riduce. Questo non deve scoraggiarci: non si tratta di raggiungere risultati eccezionali in poco tempo, ma di acquisire uno stile alimentare più equilibrato che consenta di mantenere nel tempo i risultati raggiunti.
Quali consigli dietetici seguire?
 A meno che il medico non lo consigli, non esistono alimenti da eliminare in toto dalla dieta della persona obesa o in sovrappeso. Tuttavia esistono alcune regole generali utili da seguire per affrontare al meglio la dieta:
·                          non saltare mai la prima colazione;
·                          ogni pasto dovrebbe comprendere le verdure, cotte o crude: meglio se mangiate all’inizio perché conferiscono un senso di sazietà;
·                          sostituire pane e pasta con patate e legumi;
·                          preferire le cotture in acqua, al vapore e al forno;
·                          consumare pochi formaggi e preferire quelli magri;
·                          eliminare alcolici e superalcolici (troppe calorie per l’organismo) ed evitare bevande zuccherate;
·                          sostituire almeno due volte la settimana il primo e il secondo con un piatto unico che riunisca in sé carboidrati e proteine (per esempio un’insalata di riso);
·                          consumare due-tre frutti al giorno;
·                          consumare pesce almeno due-tre volte a settimana.
Quanto conta l’attività fisica?
 Secondo le linee-guida del National Institute of Health di Bethesda nel Maryland, i vantaggi di un’attività fisica regolare si possono sintetizzare nei seguenti punti:
·                          l’aumento dell’attività fisica, da solo o in associazione a una dieta programmata, favorisce il calo di peso; in particolare con l’attività fisica si può ottenere un calo del 2-3 per cento del peso e dell’indice di massa corporea;
·                          un’attività fisica regolare favorisce la ridistribuzione del grasso corporeo, facilitando la perdita del grasso intra-addominale, con un effetto che potrebbe essere indipendente dalla perdita di peso;
·                          la regolare attività fisica nelle persone obese e in sovrappeso aumenta la prestazione cardio-respiratoria indipendentemente dalla perdita di peso, con ripercussioni positive sulla qualità di vita e di umore della persona;
·                          l’attività fisica regolare rappresenta un fattore protettivo per le malattie cardiovascolari e il diabete. In particolare agisce abbassando la pressione arteriosa e i valori di trigliceridi nel sangue, aumenta il colesterolo cosiddetto "buono" (HDL) e migliora la tolleranza del glucosio: tutti effetti che sono indipendenti dal calo di peso.
Insomma, già con alcuni piccoli accorgimenti personali (dall’alimentazione all’attività fisica) è possibile intervenire concretamente sul sovrappeso e sull’obesità, tanto da agevolare in questo senso il lavoro di prevenzione messo in atto dalle strutture sanitarie competenti.
Con la consulenza di Michele Carruba Direttore del Centro di Studio e Ricerca sull’Obesità Università degli Studi di Milano
Tratto da: Il Pensiero Scientifico Editore, 04 dicembre 2009