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Steatosi epatica non alcolica, l'indice di sensibilitā all'insulina predice il danno d'organo?

Una nuova ricerca tutta italiana, pubblicata su Hepatology, ha mostrato che l'indice di sensibilità all'insulina (indice OGIS-oral glucose insulin sensitivity index) è diminuito significativamente nei soggetti con NAFLD senza diabete, indipendentemente dal grado di obesità, ma maggiormente nei soggetti con fibrosi di grado 3-4, indicando che questo indice potrebbe essere un utile strumento per predire la fibrosi epatica.

Una nuova ricerca tutta italiana, pubblicata su Hepatology, ha mostrato che l'indice di sensibilità all'insulina (indice OGIS-oral glucose insulin sensitivity index) è diminuito significativamente nei soggetti con NAFLD senza diabete, indipendentemente dal grado di obesità, ma maggiormente nei soggetti con fibrosi di grado 3-4, indicando che questo indice potrebbe essere un utile strumento per predire la fibrosi epatica.

La steatosi epatica non alcolica (NAFLD – Non Alcoholic Fatty Liver Disease) consiste in un accumulo di grasso nelle cellule del fegato. La NAFLD può assumere un decorso evolutivo progredendo attraverso una fase infiammatoria definita steatoepatite non alcolica (Non Alcoholic Steato-Hepatitis, NASH) fino alla fibrosi, alla cirrosi e perfino all’epatocarcinoma. La NAFLD si accompagna spesso a elevazione delle transaminasi (ALT/AST > 1) e delle gamma-GT, e a livelli di trigliceridi e colesterolo eccedenti la norma.

I soggetti con NAFLD sono spesso insulino resistenti, cioè l’azione dell’insulina è ridotta sia a livello muscolare che epatico e del tessuto adiposo contribuendo ad alterazioni sia del metabolismo degli zuccheri che dei grassi. Per questo i soggetti con NAFLD hanno un aumentato rischio di iperglicemia o diabete e presentano un’iperinsulinemia basale a configurare un quadro di insulino-resistenza.

«Questa patologia la stiamo studiando dal 2000» -ha dichiarato la dr.ssa Amalia Gastaldelli Direttore del Laboratorio di Rischio Cardiometabolico presso IFC-CNR di Pisa- «e questo lavoro è stato fatto insieme all’Università di Torino, e in particolare, dalla prof.ssa Elisabetta Bugianesi che è una dei grandi esperti italiani della NAFLD e della NASH».

«Noi studiamo la steatosi soprattutto dal punto di vista metabolico oltre che patologico» -ha proseguito la dr.ssa Gastaldelli- «anche perché si è capito che non è soltanto un problema di grasso epatico o delle persone obese. Alla base di questa malattia ci sono le alterazioni del metabolismo sistemico sia degli zuccheri che dei grassi, e l’insulino resistenza. Stiamo studiando, infatti, lo sviluppo della NAFLD in persone non obese, per escludere l’obesità che di per se è un importante fattore di rischio di accumulo di grasso nel fegato. Proprio per questo nello studio appena pubblicato abbiamo evidenziato le differenze tra soggetti obesi e non obesi ».

Indici surrogati di insulino resistenza e di insulino sensibilità sono già utilizzati nella NAFLD, anche se non sono mai stati validati in questa popolazione.

Uno degli obiettivi di questo studio è stato proprio quello di validare gli indici di insulino già esistenti ma usati ad esempio per il diabete, in soggetti con NAFLD, e studiare se fossero associati al danno epatico, in particolare alla fibrosi.

Nello studio in oggetto sono state prese in considerazione due coorti di pazienti: una prima composta da 22 pazienti (per  la validazione degli indici) e una seconda di 145 pazienti tutti con NAFLD e senza diabete per studiare quali indici di insulino resistenza/sensibilità fossero associati al danno epatico.

«I dati della coorte»-ha aggiunto la dr.ssa Gastaldelli- «si riferiscono a pazienti studiati dalla prof.ssa Bugianesi nel tempo e una parte derivano dallo studio FLIP (fatty liver inhibition of progression) che è uno studio europeo FP7 (European Union’s Programmes FP7/2007-2013) a cui il CNR ha partecipato insieme all’Università di Torino. Nel 2015 è partito un altro grosso progetto sulla NAFLD, il progetto ‘EPoS’ (acronimo di Elucidating Pathways of Steatohepatitis, che tradotto significa “scoperta dei meccanismi della steatoepatite”), finanziato nel primo ciclo del programma PHC1-Horizon 2020 dell’Unione Europea, nel campo “ricerca e innovazione per la salute”. Questo sarà il più grande studio mai eseguito nel suo genere e collegherà le ricerche di tutto il continente riguardanti le malattie del fegato, per consentire una maggiore comprensione dei fattori genetici e ambientali legati allo sviluppo della NAFLD, che è potenzialmente letale.» 

Tutti i soggetti sono stati sottoposti prelievi di sangue ottenuti a digiuno e durante curva da carico per la valutazione della tolleranza al glucosio (OGTT) con misura delle concentrazioni di glucosio e insulina. I pazienti sono stati divisi in sottogruppi a seconda del grado di steatosi o fibrosi epatica, e del grado di obesità (misurato con l’indice di massa corporea). È stato inoltre calcolato l’indice di fibrosi NFS (NAFLD fibrosis score) considerato attualmente il miglior indice non invasivo (alternativo alla biopsia) per la predizione della fibrosi avanzata, ma bisogna considerare che l’indice NFS è influenzato dal grado di obesità e, soprattutto, dalla presenza o assenza di diabete/alterata glicemia a digiuno.

“Nella prima coorte di validazione -ha precisato la dr.ssa Gastaldelli- oltre all’OGTT abbiamo usato delle tecniche sofisticate per la misura del metabolismo tra cui l’infusione di traccianti, misurati nel laboratorio di Pisa. Con queste tecniche abbiamo valutato se la produzione epatica di glucosio fosse aumentata in questi pazienti a causa dell’insulino-resistenza del fegato, e se la clearance periferica del glucosio, una misura diretta dell’insulino sensibilità periferica (prevalentemente muscolare), fosse diminuita. Inoltre, abbiamo validato gli indici di insulino resistenza/sensibilità basati su concentrazioni di glucosio e insulina da prelievi di sangue ottenuti a digiuno e durante curva da carico (OGTT) verso le misure dirette »

«Si è visto che le curve di glucosio e insulina nei pazienti con NAFLD differiscono a seconda del grado di fibrosi epatica, steatosi e obesità. La cosa interessante che si estrapola dalle curve è che nella steatosi epatica, le curve di glucosio sono simili tra di loro, indipendentemente dall’obesità. Nei soggetti le concentrazioni di glucosio dopo OGTT sono più elevate indipendentemente dal grado di obesità. Le curve di insulina erano invece elevate sia in proporzione all’obesità che alla fibrosi ed evidenziano questi soggetti come resistenti all’effetto dell’insulina (alta insulina dopo OGTT equivale a elevata insulino-resistenza). Quindi, le curve OGTT nella NAFLD sono alterate sia a causa dell’obesità che della fibrosi e indicano che la progressione della malattia altera sia il metabolismo del glucosio che dell’insulina, specialmente in fase post-prandiale. Questa differenza infatti è evidente solo dopo le curve da carico di glucosio che “mimano” l’effetto di un pasto piuttosto che nel digiuno».

Riportando un po’ di dati numerici emersi dallo studio vediamo che nella coorte indipendente, OGIS è risultato il miglior predittore dello stadio della fibrosi superiore a 2 (OR=0.76; 95% CI, 0,61-0,96) e di steatoepatite non alcolica (OR=0.75 ; 95% CI, 0,63-0,9).

Un'ulteriore analisi ha mostrato che sia OGIS che NFS identificano gli stadi 3 e 4 della fibrosi. Tuttavia, OGIS appare migliore rispetto a NFS (OR=0.57; 95% CI, 0,45-0,72).

Inoltre, OGIS è in grado di differenziare meglio la fase 2 dalle fasi 3 e 4 di fibrosi rispetto a NFS (p <0,003).

«Gli ultimi studi hanno evidenziato che molti soggetti con NAFLD e NASH hanno enzimi epatici nei range di normalità» -ha precisato la dr.ssa Gastaldelli- «si sta discutendo proprio in questo momento storico di valutarli con altri test, ad esempio le curve da carico. È stato proposto di abbassare i livelli dei range di normalità degli enzimi epatici specialmente per quei soggetti che hanno fattori di rischio, tipo il diabete».

Emerge comunque di fondamentale importanza diagnosticare questa problematica e gestirla al meglio possibile anche nei soggetti più giovani dove i casi aumentano sempre di più.

«Altro dato allarmante è che NAFLD, NASH e fibrosi sono già presenti nei bambini. Ci sono delle corti studiate nell’Ospedale Bambino Gesù a Roma dal dottor Nobili che evidenziano questi danni. Se il grasso epatico comincia in età così precoce, la probabilità di danno d’organo nell’adulto è aumentata e quindi in questi bambini aumenta il rischio di malattie epatiche e metaboliche come il diabete ma anche malattie cardiovascolari. È stato visto infatti che spesso chi ha la NAFLD ha più alta probabilità di sviluppare malattie cardiovascolari» ha dichiarato la dr.ssa Gastaldelli.

Nella pratica clinica l’indice OGIS potrebbe in un futuro non lontano entrare nel panel dei marcatori non invasivi di fibrosi, da utilizzare per una valutazione globale dei pazienti con NAFLD all'interno del contesto clinico insieme agli altri dati clinici e di laboratorio.

In conclusione, come ha evidenziato la dr.ssa Gastaldelli: «Il lavoro mette in evidenza che questi soggetti hanno soprattutto un’insulino resistenza periferica e, quindi, a livello di muscolo e tessuto adiposo e che questo è molto legato non solo alla steatosi e, quindi, alla NAFLD, ma proprio al danno epatico. Il test OGTT potrebbe diventare importante nella valutazione dei pazienti con la NAFLD perché non solo serve per fare una valutazione di tolleranza glucidica ma potrebbe essere utilizzato per identificare i soggetti con NAFLD che possono essere più a rischio di avere un danno epatico». Il danno epatico oggi si vede con la biopsia ma si stanno cercando marcatori di danno non invasivi per verificare facilmente anche l’andamento della malattia.

Rosso C. et al. Peripheral insulin resistance predicts liver damage in nondiabetic subjects with nonalcoholic fatty liver disease. Hepatology. 2016 Jan;63(1):107-16. doi: 10.1002/hep.28287. Epub 2015 Dec 8.

Tratto da: Pharmastar, Emilia Vaccaro, 19 gennaio 2016