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Ridurre diabesitā con taglio graduale di zuccheri in bevande

Una riduzione graduale del 40% in carboidrati in bevande zuccherate per un periodo di 5 anni potrebbe portare a ridurre la prevalenza di sovrappeso, obesità e malattie correlate, tra le quali in primis il diabete di tipo 2. La strategia, proposta su “Lancet Diabetes & Endocrinology” da un gruppo di epidemiologi ed esperti in medicina preventiva della Queen Mary University di Londra (UK), dovrebbe essere implementata subito secondo gli autori, e potrebbe essere utilizzata in combinazione con altri approcci per produrre un effetto più potente. Secondo il modello predittivo messo a punto dagli studiosi, tale riduzione comporterebbe una riduzione media dell'apporto energetico di 38,4 kcal al giorno entro la fine del quinto anno. Ciò, a sua volta, causerebbe una riduzione media del peso corporeo in regime stazionario di 1,2 kg negli adulti, con una conseguente riduzione della prevalenza di sovrappeso negli adulti di 1 punto percentuale (da 35,5% a 34,5%) e di obesità di 2,1 punti percentuali (da 27,8% a 25%). Tale calo potrebbe portare a una diminuzione di circa 0,5 milioni di adulti in sovrappeso e 1 milione di adulti obesi, prevenendo l'incidenza di circa 274.000-309.000 casi di diabete di tipo 2 correlato all'obesità nel corso dei due decenni successivi al raggiungimento del peso corporeo predetto. «Il dato è di enorme importanza» commenta Antonio Caretto, Presidente dell'Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (Adi) e Direttore dell'Unità Operativa di Endocrinologia e Nutrizione Clinica dell'Ospedale di Brindisi «perché si tratta di un modello mirato a ottenere la riduzione dell'introito calorico, che negli ultimi 50 anni è cresciuto esponenzialmente. Inoltre il suddetto modello indica una delle possibili soluzioni per implementare le strategie a oggi attuate per ridurre l'eccessivo consumo di prodotti ad alta densità energetica». Dunque, secondo Caretto, quella proposta dai ricercatori di Londra fa parte delle iniziative che dovrebbero essere applicate dall'industria alimentare e promosse anche dai governi, per esempio con l'eventuale tassazione “intelligente” di alcuni prodotti alimentari. «Questi interventi dovrebbero influenzare positivamente il cittadino nel lungo termine sia nel ridurre l'assunzione di tali prodotti, sia nel farne un consumo più razionale e ragionato» riprende Caretto. «Sicuramente» ricorda «le esperienze fatte in passato, come quelle sulla riduzione del sale - in base alla quale i panificatori italiani avevano concordato con le agenzie governative una riduzione progressiva dell'apporto di sale ai prodotti panificati - hanno effettivamente comportato una benefica diminuzione dell'introito di sale nell'alimentazione della popolazione». La graduale riduzione ha indotto il consumatore a non accorgersi della differenza e ad accettare la palatabilità del prodotto gradualmente meno salato, con adattamento dei recettori del gusto, spiega il presidente Adi. «Analogo discorso potrebbe essere fatto per chi consuma quotidianamente bevande e cibi zuccherati: riducendo progressivamente l'apporto di zuccheri, il consumatore potrebbe accettare maggiormente il prodotto dal punto di vista organolettico e quindi ridurne il consumo. In questo modo l'apporto di bevande e cibi zuccherati, che viene regolato tramite l'attivazione dei circuiti cerebrali della ricompensa, potrebbe essere ridotto e quindi nel lungo termine comportare una diminuzione della stessa incidenza di obesità e diabete mellito». Che cosa dire se invece di eliminare lo zucchero lo si sostituisse con un edulcorante acalorico? «Quest'ultimo non comporta un maggiore rischio di obesità, tuttavia ha un limite di assunzione durante la giornata» risponde Caretto. «Ricordiamoci però che è stato dimostrato in alcuni studi come l'assunzione e il consumo giornaliero di bevande zuccherate, indipendentemente dall'obesità, ha indotto un aumentato rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2». In ogni caso c'è un trend positivo dell'aumento del diabete con il crescere del peso corporeo. «Grandi studi come l'UKPDS e il DPP hanno dato splendidi risultati nella popolazione: diminuendo il peso corporeo con un sano stile di vita e un'accurata alimentazione ha ridotto il diabete mellito del 58% nella popolazione esaminata» evidenzia Caretto. «Per cui» conclude «modelli come quello proposto devono essere visti come una delle strategie per ridurre non solo l'obesità, ma anche come un mezzo per abbattere la mortalità da patologie non trasmissibili come complicanze della stessa obesità (quali malattie cardiovascolari, cancro del colon-retto e il diabete appunto). Per ottenere ciò, le strategie vanno messe insieme, non solo con la responsabilizzazione delle industrie alimentari, ma anche dalle Istituzioni con misure governative, passando per la ristrutturazione urbanistica delle città che induca a muoversi di più, fino alla promozione di un'etica responsabile da parte dei media nella comunicazione sull'alimentazione. Infine, oltre alla prevenzione, è indispensabile destinare più risorse o comunque creare nel servizio sanitario nazionale più centri specialistici dedicati alla cura dell'obesità (è giusto prevenire, ma si deve anche poter curare)».

Tratto da: Diabetologia33, 11 febbraio 2016