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Cellule pancreatiche incapsulate intraperitoneali: dal Mit promesse per insulino-indipendenza

Cellule pancreatiche incapsulate. In questo consiste l'avanzamento tecnologico operato dal Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, sperimentato presso il locale Children Hospital, che sembra poter mantenere la promessa di una terapia del trapianto di isole di Langerhans. I ricercatori hanno progettato un materiale che può essere utilizzato per incapsulare cellule insulari umane prima del trapianto, tenendole così al riparo della risposta immunitaria. Gli scienziati hanno infatti dimostrato che queste cellule, trapiantate in roditori affetti da diabete, possono ripristinare la funzione delle beta-cellule così da renderle capace di produrre autonomamente insulina per quasi sei mesi. «Questi risultati» ha evidenziato il team di Boston «pongono le basi per futuri studi sull'uomo che utilizzino queste formulazioni con l'obiettivo di raggiungere la terapia di sostituzione a lungo termine per il diabete di tipo 1. Riteniamo che le cellule abbiano il potenziale per fornire l'indipendenza da insulina per i pazienti affetti da questa malattia». Anche se sono necessari ulteriori studi, ha precisato Daniel Anderson, ricercatore del Mit impegnato nello studio, questo approccio «ha il potenziale per fornire ai diabetici una sorta di nuovo pancreas protetto dal sistema immunitario, che permetterebbe loro di controllare la glicemia senza prendere farmaci». La ricerca è iniziata esplorando derivati ​​chimici dell'alginato, un materiale originariamente isolato dalle alghe brune. I gel d'alginato possono essere usati per incapsulare le cellule senza danneggiarle, permettendo anche a molecole come zucchero e proteine di attraversarle, rendendo possibile alle cellule stesse di percepire i segnali biologici e rispondere. Tuttavia, uno studio precedente aveva dimostrato che quando le capsule di alginato venivano impiantate nei primati e nell'uomo, si accumulava tessuto cicatriziale intorno alle capsule, rendendo i dispositivi inefficaci. Il team del Mit ha allora deciso di tentare di modificare l'alginato perché avesse meno probabilità di provocare questo tipo di risposta immunitaria. Dopo aver creato una libreria di circa 800 derivati di ​​alginato, i ricercatori hanno effettuato diverse prove, individuando come uno dei migliori composti il triazolo-tiomorfolina diossido (Tmtd). Hanno quindi deciso di studiarlo ulteriormente in un ceppo di topi con un forte sistema immunitario, dopo aver impiantato cellule insulari umane (generate da cellule staminali umane) incapsulate in Tmtd nello spazio intraperitoneale. Dopo l'impianto, le cellule hanno iniziato immediatamente a produrre insulina in risposta ai livelli di zucchero nel sangue e sono state in grado di mantenere la glicemia sotto controllo per la durata dello studio: 174 giorni.

I ricercatori hanno inoltre scoperto che capsule da 1,5 millimetri di diametro realizzate con i loro migliori materiali (ma prive di cellule delle isole) potrebbero essere impiantate nello spazio intraperitoneale di primati non umani per almeno sei mesi senza formazione di tessuto cicatriziale.

I risultati combinati di queste due ricerche indicano che queste capsule hanno un reale potenziale per proteggere le cellule trapiantate nei pazienti umani. I ricercatori hanno ora in programma di testare ulteriormente i loro nuovi materiali nei primati non umani, con l'obiettivo di completare l'esecuzione degli studi clinici nei pazienti diabetici. In caso di successo, questo approccio potrebbe fornire un controllo degli zuccheri nel sangue a lungo termine per questi pazienti. L'obiettivo dichiarato è rendere i diabetici insulino-indipendenti.

Tratto da: Diabetologia33, 09 marzo 2016