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Effetti sulla funzione renale degli SGLT2-i

 

Uno degli argomenti più complessi relativi agli inibitori degli SGLT2 è rappresentato dall'effetto di questi farmaci sulla funzione renale, tema molto discusso e analizzato nell'ambito della comunità scientifica quando sono stati pubblicati i primi dati su questa nuova classe di farmaci. Con il tempo sono state acquisite molte certezze e sono emersi ulteriori aspetti favorevoli degli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2, a cominciare da quelli nefroprotettivi.

Gli effetti nefroprotettivi degli inibitori SGLT2

Nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (DM2) gli inibitori SGLT2, agendo direttamente a livello renale, inducono una serie di azioni che riequilibrano alcune delle caratteristiche funzionali dell'organo modificate dalla malattia, in particolare la condizione di iperfiltrazione del glucosio, con conseguente aumentato riassorbimento tubulare del sodio, riduzione dei livelli di sodio a livello della macula densa, dilatazione dell'arteriola afferente e incremento del tasso di filtrazione glomerulare (glomerular filtration rate, GFR), meccanismi che a lungo termine inducono danno d'organo.

L'effetto di questa classe di farmaci, bloccando il riassorbimento del glucosio, è quello di ridurre parallelamente il riassorbimento del sodio, riducendo la pressione intraglomerulare e conseguentemente il GFR, almeno inizialmente, e l'albuminuria. È possibile, ed è stato ipotizzato, che l'insieme di questi effetti si traduca in un effetto di nefroprotezione, indipendente dall'effetto ipoglicemizzante (1).

La riduzione del GFR stimato (eGFR) osservata nelle prime settimane di trattamento con gli inibitori SGLT2 ha rappresentato un dato molto dibattuto e interpretato come potenzialmente negativo. In realtà, questa riduzione è del tutto funzionale e transitoria, poiché i valori di eGFR risalgono progressivamente nei mesi successivi, fino a ritornare a valori paragonabili o solo leggermente inferiori a quelli basali.

Da questo punto di vista sono interessanti i risultati di uno studio di confronto tra canagliflozin e glimepiride (2) in cui a distanza di due anni si osserva una riduzione con la sulfanilurea dell'ordine di 6 ml/min/1,73 m2 mentre con canagliflozin, dopo appunto una riduzione iniziale, i valori sono ridotti di 1,3 e 3,5 ml/min/1,73 m2, rispettivamente, con la dose di 100 e 300 mg. È possibile quindi speculare che l'iniziale riduzione dell'eGFR rappresenti in realtà un effetto positivo di riadattamento del filtrato glomerulare, che a lungo termine può avere effetti positivi sull'organo, dato il potenziale effetto negativo sull'organo di una situazione di iperfiltrazione prolungata.

Connessa probabilmente agli effetti descritti in precedenza, con canagliflozin è stata osservata una riduzione dell'albuminuria sia nei soggetti con micro- sia in quelli con macro-albuminuria (3) ed è stata dimostrata una riduzione del rapporto albumina/creatinina urinaria.

Specularmente agli effetti nefroprotettivi degli inibitori SGLT2, può essere interessante valutare l'efficacia e la sicurezza di questi farmaci nei pazienti con funzione renale parzialmente compromessa. I dati clinici disponibili su questo punto dimostrano che tanto l'efficacia ipoglicemizzante (riduzione della HbA1c) quanto l'effetto ipotensivo vengono sostanzialmente conservati nei pazienti con eGFR <60 ml/min/1,73 m2 (4). Allo stesso modo, l'incidenza di eventi avversi, studiata in pazienti con insufficienza renale di stadio 3 e anche 4, mostra solo un lieve aumento degli episodi ipoglicemici e di infezione delle vie urinarie nei pazienti con funzionalità renale più compromessa (5).

Le risposte alle domande ancora insolute e la conferma di un effetto nefroprotettivo degli SGLT2-i, le cui dimensione ed entità devono ancora essere ben definite, potranno forse venire dagli studi in corso con canagliflozin: lo studio CANVAS-R, specificamente dedicato alla determinazione della funzionalità renale nei pazienti con DM2, e lo studio CREDENCE, sulla valutazione dell'impatto del farmaco sulla progressione del danno renale in pazienti con alterazioni funzionali d'organo.

Più in dettaglio, i benefici effetti a livello del nefrone

Al rene da sempre è stato attribuito un ruolo fondamentale nel diabete, senza però mai dargli, forse, un'esatta collocazione. In passato il ruolo del rene nel diabete era soprattutto correlato alla capacità di eliminare la concentrazione di glucosio in eccesso e ciò è stato adottato anche come parametro di efficacia degli interventi per il controllo della malattia diabetica. È noto che il rene è anche una “vittima” della malattia diabetica ed è uno dei principali bersagli delle complicanze microvascolari.

Oggi, forse, grazie agli SGLT2-i (una classe di farmaci che ha come substrato d'azione proprio il rene) si dovrà cambiare il paradigma e considerare quest'organo come un importante alleato nella lotta contro la malattia diabetica. L'azione degli SGLT2-i, infatti, può andare ben oltre un semplice effetto sui parametri glicemici e si può esprimere anche con un effetto positivo proprio sull'organo target di questa classe.

Diversi sono i meccanismi ipotizzati alla base di un'azione nefroprotettiva da parte degli SGLT2-i a livello del nefrone, alcuni già accennati in precedenza:

1. L'aumentata concentrazione di sodio a livello dell'ansa di Henle conseguente al blocco dei cotrasportatori SGLT2 viene percepita da parte della macula densa come situazione analoga a quella presente nell'iperfiltrazione nei primi stadi della nefropatia diabetica. Di conseguenza si ha una costrizione dell'arteriola afferente con riduzione del filtrato, della velocità di filtrazione e della pressione glomerulare. Probabilmente questo è il principale meccanismo nefroprotettivo a cui se ne affiancano altri.

2. Uno di questi è l'aumentata escrezione di acido urico per effetto di una aumentata attività dei trasportatori GLUT9 presenti nel tubulo renale e deputati a riassorbire nel sangue glucosio scambiandolo con acido urico.

3. Probabilmente vi sono molti altri meccanismi non noti alla base di effetti nefroprotettivi determinati da un'azione locale degli SGLT2-i, come ad esempio l'effetto su altri cotrasportatori (SGLT6), riguardo ai quali la ricerca in futuro potrà aiutarci a comprendere meglio il potenziale degli SGLT2-i.

4. Non va dimenticato che effetti sistemici o su altri organi possono tradursi in effetto nefroprotettivo: la stessa riduzione della glicemia implica una riduzione dello stress ossidativo a livello sistemico e quindi anche sul tessuto renale.

Quando e se la riduzione del filtrato limita l'uso degli SGLT2-i

Riguardo il corretto impiego degli SGLT2-i in base alla funzione renale del paziente diabetico, va innanzitutto ricordato che, con un valore di GFR <45 ml/min/1,73 m2, il cotrasportatore sodio-glucosio non agisce e quindi il meccanismo d'azione stesso di questa classe di farmaci non ha modo di esprimersi.

L'esperienza di vari diabetologi, però, ha portato a un approfondimento dell'argomento di notevole rilevanza clinica: quando e se la riduzione del filtrato effettivamente limita l'impiego degli SGLT2-i, in particolari in un “range” critico compreso tra 60 e 45 ml/min/1,73 m2.

Vi è una certa concordanza sul fatto che per un valore di GFR costantemente <60 ml/min/1,73 m2 non è il caso di iniziare una terapia con SGLT2-i, come indicato nella scheda tecnica, poiché, in questo caso, il farmaco non potrebbe esprimere appieno il proprio potenziale (anche se, è da notare, viene ancora mantenuto un effetto di riduzione su peso corporeo, emoglobina glicata e pressione arteriosa) (6).

L'aspetto-chiave sembra porsi all'inizio della terapia, in particolare in pazienti con valori lievemente >60 ml/min/1,73 m2. Se tale valore è il risultato di una progressiva evoluzione di uno stato di insufficienza renale, è presumibile che a breve scenderà sotto il limite di 60 ml/min/1,73 m2, quindi può non essere appropriato iniziare una terapia con un SGLT2-i. Probabilmente, infatti, il GFR a breve potrebbe scendere anche sotto il valore limite di 45 ml/min/1,73 m2, al quale occorre sospendere il farmaco.

Se invece, monitorando il paziente, si evidenzia che si è di fronte a una situazione stabile, anche appena al di sopra del valore di 60 ml/min/1,73 m2, non vi sono preclusioni a iniziare una terapia con SGLT2-i.

Complessivamente, nell'utilizzo degli inibitori SGLT2 in pazienti con DM2 occorre prestare la stessa attenzione per la funzionalità renale di quanto avviene di routine nei pazienti con diabete attraverso i normali controlli e con l'impiego di qualsiasi altro trattamento.

Bibliografia

1) Gilbert RE. Sodium-glucose linked transporter-2 inhibitors: potential for renoprotection beyond blood glucose lowering? Kidney Int 2014;86(4):693-700. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24257692

2) Cefalu WT, Leiter LA, Yoon KH, et al. Efficacy and safety of canagliflozin versus glimepiride in patients with type 2 diabetes inadequately controlled with metformin (CANTATA-SU): 52 week results from a randomised, double-blind, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;382(9896):941-50. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23850055

3) Škrtić M, Cherney DZ. Sodium-glucose cotransporter-2 inhibition and the potential for renal protection in diabetic nephropathy. Curr Opin Nephrol Hypertens 2015;24(1):96-103. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25470017

4) Yamout H, Perkovic V, Davies M, et al. Efficacy and safety of canagliflozin in patients with type 2 diabetes and stage 3 nephropathy. Am J Nephrol 2014;40(1):64-74. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25059406

5) Mithal A et al. Poster 952. Presented at EASD, 23−27 September 2013, Barcelona, Spain.

6) Woo V et al. Poster presented at the 73rd Scientific sessions of the American Diabetes Association (ADA), 2013; Jun. 21-25; Chicago, Illinois, (73-LB).

Tratto da: Diabetologia33, 3 1marzo 2016