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Effetti cardiovascolari degli inibitori SGLT2: cuore e vasi

Le complicanze macrovascolari sono la prima causa di mortalità nei pazienti con diabete mellito di tipo 2 (DM2), con l'infarto miocardico e l'ictus responsabili dell'80% dei decessi. La qualità della gestione complessiva di questa patologia si misura quindi non solo sull'efficacia della normalizzazione glicemica, ma anche sull'azione sui molteplici fattori di rischio cardiovascolare (CV).

L'impatto delle gliflozine sul sistema CV

Gli inibitori SGLT2 presentano molteplici effetti extraglicemici potenzialmente protettivi sul rischio CV, fra cui la riduzione del peso corporeo, la riduzione della pressione arteriosa e della rigidità arteriosa, il miglioramento della funzionalità renale, la riduzione dello stress ossidativo e la diminuzione dei livelli di acido urico (1).

È interessante notare come questo vasto numero di effetti correlati fra loro dipenda tutto dal meccanismo principale d'azione di questa classe di farmaci, ovvero il ridotto riassorbimento di glucosio a livello renale. Intervenendo sulla glicosuria, meccanismo “a valle” del metabolismo glucidico, gli inibitori SGLT2 riducono infatti la glucotossicità e l'insulino-resistenza, con conseguente azione positiva sulla funzione beta-cellulare e rallentamento del processo aterogenico, svolgendo un'azione protettiva sul sistema CV (2).

Riduzione della pressione arteriosa

Il trattamento con inibitori SGLT2 è associato a un significativo calo pressorio, quantificato in una riduzione media di 3-4,5 mmHg per la pressione arteriosa sistolica e di 1-2 mmHg per la pressione arteriosa diastolica rispetto ai livelli basali. Questi valori derivano da una metanalisi (3) che ha preso in considerazione le principali molecole di questa classe di farmaci, su un totale di quasi 13.000 pazienti, mostrando un significativo miglioramento dei valori pressori rispetto alle condizioni basali, in modo sostanzialmente sovrapponibile per tutte le molecole.

In particolare, per quanto riguarda canagliflozin, i risultati aggregati di 4 studi controllati con placebo hanno evidenziato una riduzione della pressione arteriosa sistolica significativa rispetto al placebo, con effetto dose-dipendente (-4,00 mmHg al dosaggio di 100 mg e -5,0 mmHg con 300 mg) (4), valori di grande interesse clinico e ottenuti con un farmaco che non nasce come ipertensivo, in una popolazione quale quella dei pazienti con DM2, l'80% dei quali è iperteso. La stessa analisi ha dimostrato che il 67,1% e il 69,9%, rispettivamente, dei pazienti trattati con canagliflozin 100 e 300 mg raggiungono il valore target di pressione arteriosa sistolica <140 mmHg (32,2% e 39,8%, rispettivamente, per il valore target <130 mmHg) (4).

Occorre inoltre sottolineare che, a differenza di altre classi di farmaci ipoglicemizzanti (agonisti GPL-1), la significativa riduzione della pressione arteriosa si manifesta in assenza di variazioni della frequenza cardiaca. Ciò dimostra che i minori valori pressori determinati dagli SGLT2-i non innescano un effetto compensatorio quale appunto un aumento della frequenza cardiaca, effetto che aumentando il lavoro e il consumo di ossigeno sovraccarica ulteriormente l'organo cardiaco del paziente diabetico, già ad alto rischio.

I possibili meccanismi coinvolti nella riduzione dei valori pressori

Varie ipotesi sono state avanzate per spiegare le modalità attraverso le quali gli inibitori SGLT2 riducono i livelli pressori. Quelle più accreditate (5) considerano verosimilmente interessati meccanismi sia a breve termine (in particolare la diuresi osmotica da ridotto riassorbimento di glucosio, che determina riduzione del volume plasmatico, e la perdita di peso) sia a più lungo termine, che comprendono il miglioramento della funzione endoteliale, della flogosi e della funzionalità renale, la riduzione della rigidità arteriosa e il rimodellamento renale (senza escludere un effetto sinergico tra questi fattori): elementi ai quali si aggiunge l'effetto dell'acquisita riduzione del peso corporeo.

In realtà, pur non potendo escludere meccanismi non ancora identificati, ad oggi la diuresi osmotica rappresenta probabilmente la causa prevalente della riduzione pressoria, almeno a breve termine, mentre sul ruolo della riduzione di peso non vi è unanimità. È possibile che quest'ultimo fattore agisca attraverso meccanismi indiretti, quali il rimodellamento dell'assetto citochinico e lipochinico a lungo termine, mentre sul breve termine occorrerebbe forse piuttosto parlare di “deprivazione calorica” acuta come agente causale.

Mantenimento di glicosuria ed effetto ipotensivo senza modifiche del volume plasmatico

Come accennato, l'esordio della riduzione della pressione arteriosa con gli SGLT2-i è correlato essenzialmente alla riduzione del volume plasmatico, che è una diretta conseguenza dell'effetto di diuresi osmotica connessa all'escrezione di glucosio. È però interessante notare come, nel caso specifico di canagliflozin (6), dopo 12 settimane non si riscontri una differenza di volume plasmatico rispetto al placebo, mentre persista l'effetto di riduzione della pressione arteriosa accompagnata a una continua escrezione di glucosio.

Questi dati suggeriscono un rapido aggiustamento dei meccanismi di controllo del trasporto del Na+ e della volemia, mentre l'effetto farmacologico del farmaco sul trasporto del glucosio persiste a lungo termine senza produrre squilibri volemici. In un quadro di approccio globale al paziente con DM2, l'utilizzo di farmaci quali gli inibitori SGLT2, in grado di esercitare un effetto di riduzione pressoria clinicamente significativo, può rappresentare in alcune categorie di pazienti un fattore di importanza comparabile all'effetto ipoglicemizzante. Da rilevare, infine, come l'effetto antipertensivo sia associato a una bassa incidenza di eventi di ipotensione ortostatica (0,5% nei pazienti trattati con canagliflozin al dosaggio di 300 mg) (4).

Le modificazioni del profilo lipidico

Gli inibitori SGLT2 determinano una caratteristica modificazione del profilo lipidico. Nei pazienti trattati con questa classe di farmaci, infatti, si registrano una significativa riduzione dei livelli ematici dei trigliceridi e un lieve aumento della colesterolemia HDL e LDL, senza variazioni sostanziali del rapporto LDL/HDL (7).

Sebbene i meccanismi alla base di questi fenomeni, osservati con tutti i composti appartenenti a questa classe, non siano ancora noti, è possibile che la riduzione rapida e rilevante dei trigliceridi sia da ascriversi all'effetto ipoglicemizzante immediato e consistente degli SGLT2-i, che costringe l'organismo a un rapido adattamento metabolico. Più complessa e ancora da studiare è invece l'interpretazione degli effetti delle gliflozine sul colesterolo LDL e HDL.

Dal punto di vista clinico, allo stato attuale delle conoscenze non è stato ancora stabilito se e quanto il lieve incremento della colesterolemia HDL e di quella LDL possa influire sugli outcome CV. Nei pazienti trattati con canagliflozin 100 mg, l'aumento netto dei livelli di colesterolo LDL è stato pari al 4,5%, valore la cui significatività clinica rimane tutta da valutare. La maggior parte dei pazienti con DM2, inoltre, è in trattamento con statine, spesso però poco efficaci sui livelli plasmatici di trigliceridi, i quali vengono ridotti dagli inibitori SGLT2, considerazione che rende difficile stabilire l'impatto clinico netto delle variazioni osservate.

Bibliografia

1) Inzucchi SE, Zinman B, Wanner C, et al. SGLT-2 inhibitors and cardiovascular risk: proposed pathways and review of ongoing outcome trials. Diab Vasc Dis Res 2015;12(2):90-100. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25589482

2) Vallon V. The mechanisms and therapeutic potential of SGLT2 inhibitors in diabetes mellitus. Annu Rev Med 2015;66:255-70. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25341005

3) Baker WL, Smyth LR, Riche DM, et al. Effects of sodium-glucose co-transporter 2 inhibitors on blood pressure: a systematic review and meta-analysis. J Am Soc Hypertens 2014;8(4):262-75.e9. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24602971

4) Weir MR, Januszewicz A, Gilbert RE, et al. Effect of canagliflozin on blood pressure and adverse events related to osmotic diuresis and reduced intravascular volume in patients with type 2 diabetes mellitus. J Clin Hypertens (Greenwich) 2014;16(12):875-82. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25329038

5) Maliha G, Townsend RR. SGLT2 inhibitors: their potential reduction in blood pressure. J Am Soc Hypertens 2015;9(1):48-53. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25537461

6) Sha S, Polidori D, Heise T, et al. Effect of the sodium glucose co-transporter 2 inhibitor canagliflozin on plasma volume in patients with type 2 diabetes mellitus. Diabetes Obes Metab 2014;16(11):1087-95. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24939043.

7) Cefalu WT, Leiter LA, Yoon KH, et al. Efficacy and safety of canagliflozin versus glimepiride in patients with type 2 diabetes inadequately controlled with metformin (CANTATA-SU): 52 week results from a randomised, double-blind, phase 3 non-inferiority trial. Lancet 2013;382(9896):941-50. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23850055

Tratto da: Diabetologia33, 3 1marzo 2016