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Anche chi è intollerante alle statine può tenere il colesterolo sotto controllo

Sono i farmaci di prima scelta per tenere sotto controllo il colesterolo cattivo (Ldl) e così ridurre il rischio di andare incontro a eventi cardiovascolari. Ma non tutti possono prendere le statine: in una percentuale non irrilevante dei casi, infatti, questi comuni farmaci possono non essere tollerati e causare sintomi che ne sconsigliano l’utilizzo (dolori muscolari, per esempio).

Per i pazienti intolleranti alle statine, però, si affaccia una nuova opzione terapeutica: nel corso del 65° Congresso annuale dell’American College of Cardiology e contemporaneamente sul Journal of the American Medical Association (JAMA) sono stati infatti resi noti i dati di uno studio clinico di fase III che ha valutato l’efficacia di evolocumab di Amgen (nome commerciale Repatha) in pazienti con ipercolesterolemia intolleranti alle statine.

Si tratta di un nuovo farmaco, un anticorpo monoclonale, che aumenta la capacità del fegato di eliminare il colesterolo cattivo dal sangue.

Nello studio, denominato GAUSS-3 (Goal Achievement After Utilizing an Anti-PCSK9 Antibody in Statin Intolerant Subjects-3), evolocumab è stato confrontato con ezetimibe (un altro farmaco anti-colesterolo).

Nel dettaglio, lo studio ha dimostrato che dopo circa sei mesi, i pazienti trattati con evolocumab hanno ottenuto una riduzione dei livelli di colesterolo di oltre il 50 per cento rispetto ai livelli iniziali (quelli trattati con ezetimibe del 16,7%).

Eventi avversi a carico dei muscoli si sono registrati nel 20,7 per cento dei pazienti trattati con evolocumab contro il 28,8 di quelli in cura con ezetimibe. Inferiore anche il numero di persone che ha dovuto interrompere la terapia a causa degli effetti avversi: lo 0,7 per cento nel gruppo trattato con evolocumab contro il 6,8 per cento di quelli trattati con ezetimibe.  «I sintomi muscolari associati all’utilizzo di statine rappresentano una delle sfide più difficili da risolvere nella terapia dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari» osserva Sean E. Harper, executive vice president of Research and development di Amgen. «Si tratta di uno studio di grande importanza: evolocumab è stato in grado di ridurre in maniera determinante la colesterolemia Ldl di valori che superano il 50% in una popolazione di pazienti con un profilo di rischio cardiovascolare particolarmente rilevante che non potevano essere sottoposti ai trattamenti convenzionali con statine per intolleranza a questa categoria di farmaci» commenta il direttore della Cardiologia del San Filippo Neri di Roma, Furio Colivicchi. «Un risultato - aggiunge - che apre uno spiraglio importante per la terapia di pazienti che, in assenza di questi trattamenti, hanno purtroppo un destino segnato di sviluppare una grave forma di malattia cardiovascolare. Finalmente abbiamo a disposizione un'arma molto efficace, sicura e facilmente utilizzabile poiché non prevede una somministrazione quotidiana».

Lo studio rientra in un vasto programma di sviluppo clinico del farmaco su diverse tipologie di pazienti in cui l’Italia ha svolto un ruolo con 39 centri coinvolti in dieci studi clinici.

«Questo ampio progetto di studi clinici svolto per evolocumab è lodevole e anche raccomandabile perché più studi si fanno e meglio si comprende un farmaco. Il mio centro è la dimostrazione che si può fare ricerca: il nostro è stato il primo centro in Italia a porre un paziente in terapia con evolocumab» sottolinea il presidente dell’European Atherosclerosis Society, Alberico L. Catapano. «Si trattava di un paziente con livelli lipidici inaccettabili - precisa - nonostante la terapia con statine e con inibitori dell’assorbimento del colesterolo. I pazienti che presentano un profilo di rischio cardiovascolare alto e molto alto sono sicuramente quelli più indicati per questo tipo di trattamento. Vedo un grande bisogno medico non soddisfatto principalmente in tre aree: nei soggetti a elevato rischio cardiovascolare per i quali l'obiettivo terapeutico non viene raggiunto, nei pazienti con ipercolesterolemia familiare nei quali il raggiungimento di livelli di Ldl ottimali è molto complesso e infine in soggetti con intolleranza grave alle statine.».

Tratto da: Healthdesk, 07 aprile 2016