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Italian Barometer Diabetes 2015. In sovrappeso almeno 1 adulto su 2 e 1 under 20 su 4

Siamo una delle nazioni con la prevalenza più elevata di giovani maschi in sovrappeso. Sono quasi 5 mln gli italiani con diabete, 3,6 mln sono ad alto rischio di svilupparlo, per un totale di quasi 8,5 mln tra persone con diabete e persone a rischio: quasi 1 italiano su 7. Questi alcuni dei dati del report 2015 presentato questa mattina a Roma.

È sovrappeso poco meno del 60% degli uomini italiani sopra i 20 anni. Una condizione migliore degli uomini di Grecia, Regno Unito, Irlanda, Germania, Portogallo, Spagna e Finlandia che, chi più chi meno, superano questa soglia. Meglio ancora le donne italiane over 20: la prevalenza di eccesso ponderale si colloca di poco al di sopra del 40% a differenza degli altri Paesi dove supera il 50%. Ma tra i giovani di sesso maschile al di sotto dei 20 anni siamo una delle nazioni con prevalenza più elevata (30%), mentre fra le ragazze la percentuale è di poco inferiore al 20%.

Sono questi alcuni dei dati su obesità e diabete emersi dall’Italian Barometer Diabetes Report 2015 “Il management dell’obesità e del diabete di tipo 2: le sfide da vincere”, presentato questa mattina a Roma, che fotografa un Italia con quasi 5 milioni le persone con diabete, cui si aggiungono 3,6 milioni ad alto rischio di svilupparlo, per un totale di quasi 8,5 milioni tra persone con diabete e persone a rischio: quasi 1 italiano su 7.

“Il Barometer Report è un documento pubblicato annualmente con l’obiettivo di attivare il confronto e le riflessioni istituzionali sui grandi temi che riguardano il diabete e l’obesità nel nostro Paese, sulle grandi sfide che queste patologie comportano in termini di sostenibilità e accesso alle cure”, hanno spiegato gli editor Renato Lauro, Presidente di IBDO Foundation-Italian Barometer Diabetes Observatory, e Giuseppe Novelli, Rettore dell’Università di Roma “Tor Vergata”.

Nel mondo, secondo i dati all’inizio del mese su The Lancet, ci sono ben 640 milioni di obesi, 1,5 chilogrammi di aumento del peso medio della popolazione mondiale ogni dieci anni dagli anni ’80. Cifre messe nero su bianco che lanciano l’allarme e attestano l’avanzare della “piaga” obesità nel mondo.

“Viene quasi da dire: era ora – ha commentato Paolo Sbraccia, Presidente della SIO-Società italiana dell’obesità – ancora troppo spesso si considera l’obesità una condizione estetica e non una vera e propria malattia. L’obesità è causa, in primis, di aumentato rischio di diabete di tipo 2, quindi di malattie cardiovascolari e di alcune forme di tumore – ha aggiunto – essere sovrappeso od obesi riduce il benessere psicologico, determina un impatto negativo sulla funzionalità fisica, con diminuzione della capacità di compiere anche le più semplici attività quotidiane, e sulla funzionalità sociale, con depressione, distress, cattiva qualità di vita”.

Il rapporto 2015 si propone di esaminare, grazie al contributo di personalità istituzionali e di esperti del settore, la questione “obesità” nelle sue mille sfaccettature - epidemiologiche, cliniche, sociali nella convinzione, ha chiarito il suo curatore, Domenico Cucinotta, Past President dell’Associazione medici diabetologi e professore di medicina interna all’Università di Messina, che “la stretta sinergia tra autorità regolatorie e mondo della ricerca e della clinica sia un requisito indispensabile per attuare un efficace intervento di prevenzione dell’obesità e del diabete mellito, necessario per arginare il fenomeno”.

Alla base del problema sta, infatti, paradossalmente, il progredire tecnologico e sociale dell’Umanità: i cambiamenti di stile di vita, la modernizzazione. Ricorda ancora Cucinotta: “è stato persino individuato e messo a punto da ricercatori nordamericani un indice - il modernization index - che si è dimostrato un forte predittore dello sviluppo di obesità e di diabete nelle popolazioni a rischio. Viene calcolato in base al tipo e al numero di oggetti-simbolo di questi cambiamenti di cui si è in possesso: frigorifero, telefono, televisore, automobile, lavatrice, cellulare, internet, lettore DVD, e altro.”

Vediamo alcuni numeri emersi dall’Italian Barometer Diabetes Report 2015

Prevalenza sovrappeso/obesità. La prevalenza di eccesso ponderale, ossia la percentuale di persone sovrappeso sulla popolazione residente, fra gli uomini al di sopra dei 20 anni si attesta su una percentuale di poco inferiore al 60% nel nostro Paese, una condizione migliore di altri partner europei, più o meno ampiamente sopra questa soglia: Grecia, Regno Unito, Irlanda, Germania, Portogallo, Spagna e Finlandia. Fra le donne nella stessa fascia di età la prevalenza supera il 50% in diversi paesi, mentre in questo caso l’Italia risulta fra le nazioni con prevalenza più bassa, di poco al di sopra del 40%. Di converso, fra i giovani di sesso maschile al di sotto dei 20 anni l’Italia rappresenta una delle nazioni con prevalenza più elevata, (30%), mentre fra le ragazze la percentuale è di poco inferiore al 20%.

Trend temporale sovrappeso/obesità. I dati più recenti Istat, relativi al 2013, documentano fra il 2001 e il 2010 una crescita di circa 2 milioni del numero di persone in sovrappeso e di oltre 1 milione per le persone francamente obese, per un totale di oltre 27 milioni di persone in eccesso ponderale. L’obesità è cresciuta in tutte le fasce di età e, sempre Istat, evidenzia una più elevata prevalenza di obesità fra i 55 e i 74 anni di età.

Prevalenza diabete. L’obesità rappresenta la causa principale di diabete di tipo 2. In presenza di obesità, il rischio di sviluppare il diabete è 10 volte più alto. Non stupisce quindi che obesità e diabete vadano di pari passo. In Italia oggi sono 3,6 milioni le persone affette da diabete - di cui oltre il 90% con diabete di tipo 2 - pari al 6,2% della popolazione. A queste va aggiunta una quota di persone che, pur avendo la malattia, non ne è a conoscenza; si stima che per ogni tre persone con diabete noto, ce ne sia una con diabete non diagnosticato. Inoltre, si stima che per ogni persona con diabete noto, vi sia almeno una persona ad alto rischio di svilupparlo, perché affetta da ridotta tolleranza al glucosio o alterata glicemia a digiuno. Questo implica che in Italia oggi siano quasi 5 milioni le persone con diabete, cui si aggiungono 3,6 milioni ad alto rischio di svilupparlo, per un totale di quasi 8,5 milioni tra persone con diabete e persone a rischio: quasi 1 italiano su 7.

Trend temporale diabete. Ancora, si stima che il numero di persone affette da diabete nel mondo sia cresciuto da 171 milioni nel 2000 a 415 milioni nel 2015 e raggiungerà i 642 milioni nel 2040. In Italia, secondo Istat, nel 2000 risultava diabetico il 3,9% della popolazione, poco più di 2 milioni di persone, diventate quasi 3 milioni (4,6% della popolazione) nel 2011. Se la crescita della prevalenza della malattia continuerà ai ritmi attuali, entro 20 anni potrebbero essere oltre 6 milioni (9% della popolazione totale) le persone affette da diabete, con enormi implicazioni assistenziali, sociali ed economiche.

“Visti questi dati di scenario e di trend, e l’esperienza degli ultimi 50 anni, una speranza concreta per l’uomo risiede nella pianificazione urbana – ha detto Walter Ricciardi, Presidente dell’Istituto superiore di sanità – numerose osservazioni mettono in rapporto tra loro parte dei miglioramenti avvenuti per la mortalità e morbosità in alcuni paesi altamente urbanizzati, come Giappone, Svezia, Paesi Bassi e Singapore, attribuiti ai determinanti potenzialmente salutari delle moderne città di questi stati. Un ruolo importante nel limitare la prevalenza delle malattie croniche è svolto da una corretta pianificazione urbana, che preveda la possibilità di costruire aree verdi per l’attività fisica. Gli abitanti delle città risultano più attivi quando il circondario dei luoghi di vita è percepito come sicuro, esteticamente gradevole e dotato di spazi verdi e ‘situazioni urbane’ capaci di incentivare il movimento, con impatti positivi su riduzione del rischio cardiovascolare e longevità. Al contrario – conclude – l’assenza di servizi di base raggiungibili incentiva l’utilizzo dei veicoli privati, generando una dipendenza da auto e motoveicoli che impatta negativamente sul benessere, psicologico e sociale, della persona, sul traffico e sul livello di inquinamento atmosferico e acustico”.

Tratto da: Quotidiano Sanità, 20 aprile 2016