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L’insulina è diventata pillola

La formulazione per via orale del farmaco per diabetici non è più un obiettivo irraggiungibile

Il risultato raggiunto da Oramed (www.oramed.com), start up fondata nel 2006 dall’imprenditore Nadav Kidron insieme alla madre Miriam Kidrov, farmacologa e diabetologa della Diabetes Unit dell’Ospedale universitario Hadassa di Gerusalemme, potrebbe essere il primo a rispondere a un’esigenza che quasi di cento anni, e che è stato l’obbiettivo ideale di generazioni di chimici e farmacologi: quello di avere una formulazione orale di insulina.

Fino dal 1922, infatti, anno della scoperta dell’ormone che regola le concentrazioni di glucosio nel sangue e che, finora, poteva essere dato solo in formulazioni iniettabili a causa della sua composizione chimica – è proteico, e viene degradato nello stomaco – si è cercato in ogni modo di trovare una giusta composizione in modo da evitare ai milioni di diabetici in tutto il mondo non solo il fastidio delle iniezioni quotidiane, ma soprattutto il controllo insoddisfacente che l’immissione diretta in circolo comporta, ma ogni sforzo era stato vano.

Oramed è invece riuscita a comporre un assortimento che prevede un inibitore proteasico, cioè una sostanza che impedisce la degradazione dell’insulina nello stomaco bloccando l’enzima preposto, un moltiplicatore dell’assorbimento intestinale, per massimizzare l’effetto, e la giusta gastroprotezione, per far arrivare l’insulina integra nella prima parte dell’intestino, da dove viene assorbita, e i risultati annunciati pochi giorni fa sembrano confermare la validità del prodotto. L’azienda ha infatti reso noti i dati dello studio di fase IIb condotto su 180 diabetici (con diabete 2 non controllato dall’antidiabetico orale metformina né dalla sola dieta) trattati per 28 giorni in 33 centri degli Stati Uniti, che mostrano un netto miglioramento della glicemia notturna rispetto a un placebo. I dati sono ora al vaglio della FDA e, contemporaneamente, sono la base della fase III, quella su un numero molto più ampio di pazienti, che sta per iniziare.

I numeri finali saranno noti tra qualche mese, ma se confermassero quanto visto finora si potrebbe trattare di una svolta epocale, e non solo per l’adesione dei diabetici alla terapia. Spiega infatti Marian Kirov, direttore scientifico di Oramed: “Finora l’insulina assunta tramite iniezione agiva a valle del complesso metabolismo degli zuccheri, non regolandolo in alcun modo ma cercando solo di vicariare il ruolo di quella endogena, non più prodotta dal pancreas; l’assunzione orale comporta, viceversa, un effetto molto più a monte, poiché dall’intestino essa va a finire nel fegato, il grande regolatore del metabolismo.

Ciò significa che attraverso questa formulazione si può ottenere un controllo migliore di tutto il sistema a valle, rallentando o impedendo la progressione della malattia e permettendo a moltissimi pazienti di non passare dalla resistenza insulinica (fase clinicamente considerata pre-diabete) al diabete vero e proprio. Non solo. Anche se i dati riguardano, per ora, il diabete di tipo 2, quello legato al sovrappeso, all’inattività e all’invecchiamento, e non quello di tipo 1, autoimmune, che insorge in giovane età, ci aspettiamo ovviamente che l’insulina orale funzioni in entrambi, con enormi vantaggi per i pazienti pediatrici (e, specularmente, per gli anziani), che potrebbero avere un controllo della malattia molto più stretto rispetto a quanto sia possibile fare oggi, con vantaggi enormi su tutta la loro esistenza”.

Ma Nadav Kirov, che di Oramed è CEO, pensa già al futuro: “Tutto ci fa pensare che il tipo di formulazione messa a punto possa essere adottata, con gli aggiustamenti necessari, per qualunque tipo di farmaco al momento somministrabile solo per via iniettiva come, per esempio, la maggior parte degli antitumorali o dei farmaci cosiddetti biologici; per il momento stiamo lavorando su un altro ormone usato nel diabete, il GLP-1, ma nulla impedisce di pensare ad altre classi di farmaci”.

La storia di Oramed esemplifica molto bene che cosa significa trasformare la ricerca di base in una start up oggi quotata al Nasdaq e le cui prospettive, al momento, sono di enorme crescita, come confermano gli accordi stipulati con il colosso farmaceutico cinese HTIT (500 milioni i diabetici in Cina) e con Pfizer. Miriam Kirov, la mente scientifica di Oramed, ha lavorato per molti anni all’Ospedale Hadassa il quale, tramite Hadasit, promuove in ogni modo il trasferimento di quanto scoperto dai ricercatori e medici allo sviluppo e da lì al mercato. E i risultati si vedono.

Tratto da: Il Sole 24 Ore, Agnese Codignola, 29 maggio 2016