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Alzheimer, da Fatebenefratelli e Policlinico Gemelli la guida alla prevenzione

Le linee guida pubblicate di recente hanno sottolineato il legame tra l'eccessivo assorbimento di rame e l'insorgenza della malattia.

Un documento contenente le linee guida per la prevenzione dell’Alzheimer è stato redatto da un team internazionale di scienziati. Una guida che spiega in che modo è possibile ridurre il rischio di sviluppare questa forma di demenza modulando in modo adeguato la dieta ed eseguendo una regolare attività fisica. Studi pubblicati in passato hanno sottolineato, in particolare, il ruolo dell’eccessiva presenza di rame nel sangue. Ora, una ricerca condotta dal Fatebenefratelli di Roma (Isola Tiberina) e di Brescia, con l'Università Cattolica-Policlinico Gemelli ha fornito la conferma di questa correlazione negativa.

Sufficiente un’analisi del sangue. I risultati della ricerca sono stati esposti a Washington qualche mese fa, davanti a una platea di circa 1000 medici, durante i lavori del convegno della Physicians Committee for Responsible Medicine. A presentare il lavoro è stata Rosanna Squitti ricercatrice dell'Ospedale Fatebenefratelli all'Isola Tiberina, capofila dello studio, affermando che basta una semplice analisi del sangue chiamato C4D per controllare i livelli di assunzione del rame da parte dell’organismo. “Il rame è un elemento essenziale per la vita – ha spiegato Squitti – che introduciamo nel nostro organismo mediante la dieta. Le linee guida sono rivolte a chi presenta difficoltà nel metabolismo di questo metallo, ovvero lo elimina con più difficoltà. Pertanto prima di fare qualsiasi dieta, è necessario verificare tale stato”.

Importante una dieta corretta. Gli specialisti riuniti negli Stati Uniti, inoltre, hanno sottolineato il fatto che per mantenere il fisico, e soprattutto il cervello, in salute è fondamentale introdurre con la dieta tutti i nutrienti necessari, evitando alcuni eccessi. Le linee guida, infatti, consigliano la riduzione del consumo di carne rossa (contenente grassi saturi e trans-insaturi) e il contemporaneo aumento dell’introduzione di vegetali come spinaci o altri a foglia larga. Questi contengono buone quantità di vitamina E, sostanza in grado di rallentare i processi degenerativi a carico dei neuroni. Anche vitamine del gruppo B6 e B12 hanno mostrato di migliorare la capacità cognitive ma in questo caso esiste un rovescio della medaglia. Le persone che siano risultate positive al test C4D, devono fare attenzione al consumo dei cibi che li contengono. “A meno di indicazioni specifiche del medico curante (per problemi di anemia, ad esempio), questi complessi multivitaminici – ha continuato la ricercatrice – sono dannosi e lo diventano ancor più se assunti congiuntamente a cibi ad alto contenuto di rame, come il fegato, i frutti di mare, le ostriche e le cozze, che andrebbero quindi consumati da queste persone in quantità moderate”.

“Resta fermo il fatto – ha concluso Rosanna Squitti – che è sempre opportuno farsi seguire da un medico o un nutrizionista che darà le indicazioni specifiche per ogni caso. Anche l'esercizio fisico compare tra le linee guida: fare attività fisica per 40 minuti al giorno aumenta il trofismo dei neuroni, ovvero la loro capacità di resistere ad eventi di degenerazione scatenate da alcune malattie come appunto l'Alzheimer”.

Tratto da: Bussola Sanità, 27 settembre 2017