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Metabolismo glucidico

Il metabolismo glucidico è dato dall’insieme di tutti i meccanismi ormonali che intervengono nel controllare l’utilizzo degli zuccheri da parte del nostro organismo.

Il glucosio (che è lo zucchero principalmente utilizzato dal nostro corpo) è presente nel sangue (glicemia) in una concentrazione che è, solitamente, compresa fra i 65 e 110 mg/dl.

Questi valori di glicemia sono il risultato finale di un complesso metabolismo che prevede, da un lato la produzione di glucosio e dall’altro, il suo consumo.

Gli organi che principalmente intervengono nel metabolismo glucidico sono il fegato e il pancreas. Il fegato è l’organo di sintesi e di accumulo del glucosio. Il pancreas, invece, è l’organo adibito alla produzione di alcuni importanti ormoni che regolano il metabolismo glucidico: l’insulina e il glucagone. L’insulina fa abbassare la glicemia, mentre il glucagone la fa aumentare.

Si può affermare, quindi, che la presenza di adeguati valori di glicemia è fondamentale soprattutto per il cervello in quanto quest’ultimo, per svolgere le proprie funzioni, è capace di utilizzare solo il glucosio. Infatti, se i livelli di glucosio scendono sotto i livelli di norma (ipoglicemia) è proprio il cervello a risentirne per primo, ed essendo quest’ultimo un organo molto delicato si innescano una serie di meccanismi protettivi che causano la caratteristica sintomatologia dell’ipoglicemia che va dalla tachicardia e/o sudorazione alla difficoltà di concentrazione e/o torpore fino al vero e proprio coma ipoglicemico.

Le cause di ipoglicemia sono molteplici e frequentemente legate all’utilizzo di farmaci ma, in casi più rari, alla base di questa patologia ci possono essere anche difetti enzimatici o addirittura dei tumori (insulinoma).

La condizione caratterizzata da valori elevati di glicemia, invece, è detta iperglicemia; il diabete ne è l’esempio più frequente.

Il diabete è una delle patologie più diffuse in endocrinologia ed è legato ad una insufficiente azione dell’insulina a livello dei tessuti periferici.

Questo può avvenire o perché l’insulina non viene prodotta dal pancreas, e ciò avviene prevalentemente nei soggetti di giovane età (diabete di tipo 1) o perché, pur essendo prodotta nella giusta quantità, non riesce ad agire nei tessuti periferici in quanto il recettore a cui si lega non funziona bene (insulino resistenza); quest’ultima situazione è tipica dei soggetti di età più avanzata con obesità, determinando il quadro di diabete di tipo 2.

Il diabete, inoltre, è una malattia molto subdola perché inizialmente non provoca sintomi evidenti al di fuori di una maggiore quantità e/o frequenza nella diuresi. Successivamente, però, insorgono le cosiddette complicanze diabetiche che a questo punto sono spesso difficilmente controllabili se non, addirittura, irreversibili.

Tra le complicanze croniche del diabete va ricordata la retinopatia diabetica (che può causare anche cecità), la nefropatia diabetica (che può portare all’insufficienza renale), la neuropatia diabetica (che è spesso causa di impotenza, formicolii agli arti e disturbi della sensibilità). Inoltre, anche il piede diabetico, la vasculopatia e l’aumentata suscettibilità alle infezioni dermatologiche sono complicanze della patologia diabetica altrettanto frequenti.

Il diabete, pertanto, è una patologia che viene spesso sottovalutata e proprio per questo motivo, a lungo andare, può causare problemi così gravi da essere addirittura incompatibili con la vita.

Occorre, quindi, una maggiore attenzione nella prevenzione, nella diagnosi e nella terapia di questa malattia che, per frequenza e gravità, va considerata fra le più invalidanti al mondo.

Tratto da: Endocrinologiaoggi, 06 gennaio 2019