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Acido bempedoico: l’arma in più di cui avevamo bisogno

Efficacia e sicurezza dell’acido bempedoico in paziente a rischio cardiovascolare molto alto

Giungeva alla nostra osservazione presso l’ambulatorio cardiologico una donna (C.A.) di 81 anni, fumatrice (circa 5 sigarette/die), con sospetta familiarità per malattia aterosclerotica cardiovascolare (padre deceduto improvvisamente all’età di 42 anni per cause imprecisate), ipercolesterolemica, ipertesa. La paziente, nonostante ultraottantenne, mostrava buona capacità funzionale, ottima autonomia e basso livello di fragilità (Rockwood 2). Accertamenti genetici passati avevano messo in evidenza una mutazione in omozigosi di 5,10 MTHFR (5,10 methylen-tetra-hydrofolate reductase). La paziente era inoltre affetta da epatopatia HCV-correlata di grado lieve, in follow-up gastroenterologico (Child-Pugh A). Nel 2018 e nel 2019 la paziente era stata sottoposta ad angioplastica percutanea su arteria femorale superficiale sx per insorgenza di claudicatio. Successivamente nel maggio 2022, la paziente aveva subito un intervento di stenting su arteria carotide interna sinistra per riscontro di stenosi emodinamicamente significativa. La valutazione cardiologica ambulatoriale della paziente era finalizzata ad un bilancio cardiovascolare su consiglio dei chirurghi vascolari (visita di follow-up). La paziente non riferiva sincopi, cardiopalmo, episodi di dolore toracico, dispnea a riposo o da sforzo di nuova insorgenza o in peggioramento. Veniva riferita lieve claudicatio a sinistra (già valutata da chirurgo vascolare: ritenuta non effettuabile ulteriore angioplastica periferica). La terapia in corso consisteva in: acido acetilsalicilico 100 mg/die, entecavir 0.5 mg/die, ramipril 2.5 mg/die, rivaroxaban 2.5 1 compressa ore 8-20. La paziente riferiva diversi tentativi di assunzione di statine come rosuvastatina (20 mg e 10 mg) e pravastatina 20 mg, dichiarando di aver mostrato sempre intolleranza alle stesse. Tuttavia, dato il rischio cardiovascolare molto alto della paziente, era stata avviata terapia di associazione con rosuvastatina 5 mg in combinazione con ezetimibe 10 mg. La valutazione dell’assetto lipidico mostrava: colesterolo totale 161 mg/dl, colesterolo LDL 84 mg/dl, colesterolo HDL 50 mg/dl, trigliceridi 136 mg/dl. Purtroppo il tabagismo non era stato abolito. L’introduzione dell’inibitore della proteina PCSK9 (Proprotein Convertase Subtilisin/Kexin type 9 inhibitor) non è stata considerata un’opzione accettabile per motivi prescrittivi (età superiore a 80 anni). Visto l’elevatissimo rischio cardiovascolare, si proponeva comunque alla paziente un’ulteriore riduzione del colesterolo LDL mediante l’introduzione di acido bempedoico. Essendo la paziente già in terapia con una combinazione ipolipemizzante, si introduceva quindi acido bempedoico 180 mg 1 compressa al giorno. A distanza di circa 2 mesi la paziente riferiva di aver abolito il consumo di sigaretta di tabacco e di aver iniziato ad utilizzare sigaretta elettronica. Riferiva di aver intrapreso una ferrea dieta ipolipidica sotto responsabilità di un medico nutrizionista e di aver assunto costantemente l’associazione rosuvastatina, ezetimibe e acido bempedoico. Il profilo lipidico era il seguente: colesterolo totale 128 mg/dl, trigliceridi 78 mg/dl, colesterolo HDL 59 mg/dl, colesterolo LDL 53 mg/dl. La paziente C.A. è a tutti gli effetti considerabile una paziente a rischio cardiovascolare molto alto, avendo subito diversi trattamenti interventistici vascolari, addirittura in diversi distretti. In questi pazienti è raccomandata una riduzione del colesterolo LDL di almeno il 50% rispetto al valore basale e un valore di colesterolo LDL al di sotto di 55 mg/dl o addirittura al di sotto di 40 mg/dl in caso di più di un evento cardiovascolare negli ultimi 2 anni1. Il raggiungimento del target lipidico in questa paziente è stato complicato dalla parziale intolleranza alle statine della paziente e dall’impossibilità di prescrivere un inibitore della PCSK9. Tuttavia, allo scopo di abbattere il più possibile il rischio cardiovascolare della paziente, è stata introdotta l’unica terapia farmacologica possibile: l’acido bempedoico. Sebbene con un’iniziale apparente intolleranza alle statine, la paziente ha raggiunto valori target di colesterolo LDL (< 55 mg/dL) beneficiando di una terapia ipolipemizzante di combinazione. Degna di nota è la riduzione del colesterolo LDL di circa il 37% dopo introduzione di acido bempedoico. Sappiamo dai trials clinici che la riduzione media è di circa il 25%2. A questo notevole ed imprevisto risultato potrebbero aver contribuito la dieta ipolipidica ed una migliore aderenza terapeutica; tuttavia, una iper-risposta all’acido bempedoico non può essere esclusa in maniera assoluta. Solo pochi anni fa questo risultato sarebbe stato impossibile da raggiungere in un paziente con parziale intolleranza alle statine e non idonea alla prescrizione di PCSK9. Il mancato raggiungimento del target lipidico è associato ad incremento di mortalità cardiovascolare e nella paziente C.A. ha probabilmente contribuito a determinare gli eventi cardiovascolari dal 2019 al 2022 (angioplastica femorale e stenting carotideo). Non sono stati registrati effetti collaterali, nè intolleranza all’acido bempedoico; gli enzimi epatici si sono mantenuti nella norma. Alla paziente è stato consigliato follow-up laboratoristico semestrale. Non sono stati registrati nuovi eventi cardiovascolari.

Marco Mele

Dirigente Medico Policlinico Riuniti di Foggia – Cardiologia Universitaria

PhD Course- Scienze del Farmaco - Università degli Studi di Bari

Bibliografia:

1. Mach F, Baigent C, Catapano AL, Koskinas KC, Casula M, Badimon L, Chapman MJ, De Backer GG, Delgado V, Ference BA, Graham IM, Halliday A, Landmesser U, Mihaylova B, Pedersen TR, Riccardi G, Richter DJ, Sabatine MS, Taskinen MR, Tokgozoglu L, Wiklund O; ESC Scientific Document Group. 2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. Eur Heart J. 2020 Jan 1;41(1):111-188.

2. Banach M. et al., JAMA Cardiology, published online July 1, 2020. doi:10.1001/jamacardio.2020.2314

Tratto da: Cardiolink, 13 febbraio 2024