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Nefrologia, al via il 64° Congresso Sin

Innovazioni terapeutiche e tecnologiche per accrescere i successi clinici

"Con l'entusiasmo delle origini, verso nuovi orizzonti", è questo il titolo del 64° congresso della Società italiana di nefrologia (Sin) che si terrà a Torino dal 4 al 7 ottobre. Le nuove opportunità terapeutiche per il contrasto della progressione del danno renale, l'impiego della tecnologia - in particolare, della telemedicina e dell'Intelligenza Artificiale -, la terapia domiciliare dei pazienti in dialisi, le ricerche di frontiera nel campo del trapianto renale saranno al centro dei lavori che coinvolgeranno esperti, professionisti e ricercatori di nefrologia da tutto il Paese. A Milano, in un incontro di presentazione dell'evento, sono stati anticipati i punti salienti: 1) elevata incidenza di malattie renali: Il 7-10% della popolazione è affetto da malattie renali, e chi è diabetico, soffre di malattie cardiovascolari, ha pressione alta, è obeso o sovrappeso è particolarmente a rischio; l'appello della Sin per una diagnosi precoce è di estrema importanza; 2) nuove terapie: dopo anni di silenzio terapeutico, la nefrologia sta vivendo una fase di rinnovato entusiasmo con terapie innovative come il finerenone, roxadustat e difelikefalin, che promettono di migliorare la vita dei pazienti affetti da malattie renali croniche; 3) focus sulle patologie renali rare: malattie spesso gravi ma trascurate; saranno presentate nuove terapie e, in particolare, la promettente terapia genica per la malattia di Fabry; 4) telemedicina e Intelligenza Artificiale: con l'esperienza accumulata durante la pandemia, la nefrologia italiana è pronta ad abbracciare la telemedicina e l'Intelligenza Artificiale per migliorare l'assistenza ai pazienti e ottimizzare il trattamento domiciliare; trapianto renale: le sessioni dedicate a questo argomento esploreranno vari aspetti, compresi i problemi consolidati e gli sviluppi più innovativi. Su tutto emerge il monito della Sin a una maggiore attenzione alla salute renale: misurare la funzione renale con la semplice misurazione della creatinina nel sangue, ricercare l'eventuale presenza di proteine nelle urine e misurare la pressione arteriosa costituiscono tre semplici mosse che possono salvare la vita.

«I reni sono spesso coinvolti in malattie e condizioni non renali come il diabete, l'ipertensione arteriosa e le malattie cardiovascolari, oltre che in alcune malattie sistemiche, in particolare quelle reumatologiche, molto spesso in modo subdolo. I reni, infatti, hanno dei meccanismi di compenso e i sintomi appaiono solo quando la funzione renale si è molto ridotta, almeno sotto al 60%» spiega Stefano Bianchi, presidente della Sin. «Di qui l'appello che la Sin lancia dal congresso: "Chi soffre di una malattia ad alto rischio di presentare un danno renale, dovrebbe controllare in maniera sistematica la salute dei suoi reni"». In riferimento alla prevalenza della Mrc, ricorda Bianchi, questa è aumentata considerevolmente negli ultimi decenni, con una stima attuale del 15% nella popolazione adulta degli Usa, del 13,4% a livello globale e del 10% in Italia. «Le due cause più frequenti di Mrc sono: 1) il diabete mellito di tipo 2 e l'ipertensione, cui si associano le malattie cardiovascolari e la sindrome metabolica (obesità e dislipidemia)». La Mrc, aggiunge, è una sindrome sistemica con numerose complicanze, tra cui anemia, resistenza insulinica, aumento dello stato infiammatorio». La Mrc può decorrere senza manifestare sintomi specifici fino alle fasi più avanzate, ma esistono alcuni possibili segnali d'allarme: edema alle gambe e al volto, stanchezza inusuale, riduzione dell'appetito (con nausea e vomito), alterazioni del sonno e alterazioni delle caratteristiche delle urine (schiumose, di colore scuro). Questi sintomi devono portare all'effettuazione di almeno una creatininemia.

Come accennato, dopo molti anni di quiescenza terapeutica, la nefrologia sta vivendo un momento in cui le opportunità terapeutiche volte a contrastare la progressione del danno renale sono numerose e innovative. Fra queste l'utilizzo del finerenone nei pazienti con e senza diabete: la sua azione contrasta la progressione della malattia renale e anche lo sviluppo delle sindromi cardio-renali. Inoltre, vi è la disponibilità di un farmaco, roxadustat, in grado di contrastare l'anemia da malattia renale cronica (Mrc), una conseguenza della malattia che coinvolge il 90% dei pazienti e che influisce pesantemente sulla loro qualità di vita. Da ricordare ancora un medicinale, difelikefalin, che ha dimostrato di lenire il prurito sistemico legato a Mrc, un sintomo invalidante che colpisce il 40% dei pazienti, soprattutto dializzati.

Le patologie che possono colpire i reni sono molte, in alcuni casi si tratta di malattie rare ma non per questo meno gravi. Come le glomerulonefriti, alcune di origine genetica, patologie che colpiscono i giovani che rappresentano una delle principali cause di insufficienza renale terminale. Per alcune di queste patologie è oggi disponibile una nuova molecola, sparsertan, che ha dimostrato di ridurre i danni a carico dei reni. Novità anche nel campo della nefrite lupica, una delle conseguenze del lupus erimatoso sistemico, che colpisce soprattutto le donne: è prescrivibile una nuova molecola, voclosporina, che rappresenta un'opzione più efficace e di semplice gestione rispetto a quanto a disposizione fino a oggi. Infine, una grande speranza arriva dalla terapia genica contro la malattia di Fabry, causata da un aumento anomalo di lipidi a livello dei lisosomi cellulari, specialmente nei tessuti viscerali e nell'endotelio vascolare di tutto l'organismo. «La terapia, che è stata approvata per la sperimentazione clinica in fase 2 fino a oggi solo in Canada, agisce attraverso un vettore virale che trasporta all'interno delle cellule del fegato una versione sana del gene GLA, la cui mutazione è alla base della malattia. L'idea è quella di far produrre dalle cellule in cui è stato inserito il gene sano la versione funzionante dell'enzima alfa-galattosidasi A (GLA), che così potrebbe entrare in circolo riducendo l'accumulo di lipidi nei tessuti dei pazienti» spiega Sandro Feriozzi, responsabile scientifico del 64° Congresso Sin e direttore Uoc Nefrologia e Dialisi Viterbo-Università Campus- Biomedico Roma.

Quanto alla possibilità di curare il paziente cronico a domicilio è diventato un elemento cruciale per il Ssn: per migliorare la qualità di vita delle persone - che potrebbero gestire meglio il loro tempo e preservare la loro privacy - ma anche il servizio offerto nei centri, dove dovrebbero afferire solo i pazienti che non possono avvalersi della dialisi peritoneale o dell'emodialisi domiciliare. «Eppure», spiega Mariacristina Gregorini, segretario Sin e direttore S.C. Nefrologia e Dialisi Ausl-Irccs di Reggio Emilia, «la diffusione di questa opzione è ancora molto limitata su tutto il territorio, con un dispendio di tempo e risorse. Ci sono tuttavia alcuni casi virtuosi in Italia che ci permettono di guardare verso nuovi orizzonti di cura. Che è il nostro impegno quotidiano per migliorare aspettativa e qualità di vita dei pazienti, riducendo i costi per il Ssn e rendendo più efficienti gli ospedali, attraverso la creazione di percorsi assistenziali integrati fra ospedali e territorio».

Circa il ruolo che potranno avere telemedicina e Intelligenza Artificiale nella pratica clinica in nefrologia, oggi i nefrologi italiani si dicono pronti a raccogliere la sfida sostenuta anche dal Pnrr nell'ottica di ri-orientare la risposta sanitaria verso un approccio domiciliare e territoriale grazie alla telemedicina e l'assistenza da remoto. Il gruppo di lavoro Iss (Istituto superiore di sanità) -Sin sta elaborando un documento di consenso nazionale sulla telemedicina in nefrologia con l'obiettivo di stabilire i requisiti indispensabili per offrire servizi quali la teleassistenza, la televisita e il teleconsulto. L'urgenza di implementare la telemedicina è oggi ancor più evidente sulla base dell'aumento già registrato dei casi di Covid-19. Gli ospedali assistono infatti a una nuova ondata di infezioni che, sebbene di durata e di intensità minore rispetto al periodo pandemico, sono molto rischiose per le popolazioni fragili come quella dei pazienti nefropatici: dializzati, trapiantati e immunodepressi. «Ricordiamo che la mortalità per i pazienti nefropatici era stata nella prima fase pandemica del 40%, poi drasticamente ridotta con la somministrazione dei vaccini che però non ha ridotto il tasso di trasmissione» sottolinea Gregorini. Nella sessione dedicata al trapianto renale, infine, si spazierà dai problemi consolidati, come la recidiva delle glomerulonefriti nell'organo trapiantato, fino agli aspetti più innovativi di biologia molecolare per l'esecuzione e il monitoraggio del trapianto stesso.

Tratto da: Doctor33, 04 ottobre 2023