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Complicanze cardiovascolari e renali nel diabete mellito tipo 2: esiste una speranza?

Secondo i dati correnti sul sito dell'Organizzazione mondiale della sanità, la prevalenza del diabete mellito tra le persone di 18 anni di età o più anziane è 8,5% , in aumento in tutto il mondo. La maggior parte delle persone colpite ha il diabete di tipo 2, che da diversi decenni ha rappresentato un’ epidemia ed è associato a molte complicanze, tra cui malattie macrovascolari e micro vascolari precoci che colpiscono occhi, cuore, reni, e apparato circolatorio. Sappiamo che il diabete è associato ad una maggiore morbilità e mortalità, con una stima di 1,5 milioni di morti nel 2012 legate direttamente alla malattia stessa. Vari approcci al trattamento del diabete mellito tipo 2 sono stati introdotti di recente, ma se queste terapie incidano sul rischio di complicanze cardiovascolari e renali rimane incerto. Nonostante il controllo del peso (ottenuto tramite la terapia dietetica e recentemente, in alcuni pazienti, attraverso l’intervento chirurgico di bypass gastrico) e l'utilizzo dei nuovi ipoglicemizzanti orali e insulina, la malattia cardiovascolare precoce , l’insufficienza renale, la retinopatia, la malattia vascolare periferica continuano a svilupparsi nei pazienti con diabete di tipo 2. Tre nuovi approcci farmacologici sono stati approvati nell'ultimo decennio: in primo luogo, gli agonisti del glucagone-like peptide 1 (GLP-1) che stimolano il rilascio di insulina; secondo, gli inibitori delle dipeptidil peptidasi 4 (DPP-4), che agiscono sullo stesso processo e prevengono la degradazione del GLP-1, stimolando il rilascio di insulina; e terzo, gli inibitori del cotrasportatore di sodio-glucosio(SGLT) (soprattutto inibitori di tipo 2 [SGLT2]), che impediscono il riassorbimento di glucosio da parte del tubulo prossimale renale. Questa azione riduce i livelli di glucosio plasmatico e anche la deplezione di sodio e diminuisce la velocità di filtrazione glomerulare del singolo nefrone mediante un feedback tubuloglomerulare, per cui filtrazione glomerulare e riassorbimento di elettroliti sono coordinati, agiscono inoltre sul sistema renina-angiotensina attraverso la macula densa. Gli inibitori del SGLT2 tendono ad essere associati con la perdita di peso, con più bassi livelli di lipidi e di acido urico e tendono a diminuire lo stress ossidativo. Negli Stati Uniti, tre inibitori SGLT 2 canaglifozin, dapagliflozin, e empagliflozin sono stati approvati dalla Food and Drug Administration (FDA) per il trattamento del diabete mellito tipo 2. Gli agonisti del GLP-1 approvati includono liraglutide ed exenatide, e inibitori DPP-4 sono sitagliptin, alogliptin, e linagliptin. Altri agenti di ​​queste classi sono in varie fasi di studi clinici randomizzati e di applicazioni. Nonostante l'approvazione da parte del governo e il corrente uso diffuso, l'efficacia e la sicurezza di questi nuovi agenti sono motivo di riflessione. Tra gli inibitori DPP-4 hanno studiato di recente, alogliptin (nell’EXAMINE), saxagliptin (nel SAVOR-TIMI 53 e sitagliptin (nel TECOS). Da questi trial è emerso che questi farmaci non sono associati ad un tasso più basso di eventi cardiovascolari rispetto ai controlli. Risultati simili sono emersi con il GLP-1 agonista lixisenatide, che è ora in fase di revisione da parte della FDA, nel trial ELIXA. Questi trial sono stati grandi quanto lo studio LEADER che riguarda gli out come cardiovascolari di liraglutide. Tra gli inibitori SGLT2c he sono stati studiati fino ad oggi, solo empagliflozin ha raggiunto un più basso tasso di eventi cardiovascolari, quando aggiunto alla terapia standard, come mostrato nel trial EMPA-REG 2015. Un certo numero di altri trial sono in corso. Nell’outcome del trial EMPA-REG, i pazienti con malattia cardiovascolare stabile e una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) superiore a 30 ml per minuto per 1.73 m2 di superficie corporea sono stati assegnati in modo casuale a ricevere empagliflozin alla dose di 10 mg, empagliflozin alla dose di 25 mg, o placebo una volta al giorno in aggiunta alla terapia standard. Nell’esito primario del trial, il tasso di morte per cause cardiovascolari è risultato significativamente più basso nel gruppo trattato con empaglifozin rispetto al gruppo placebo; non vi è stata alcuna differenza significativa tra i due gruppi per il rischio di infarto miocardico o ictus. Inoltre, il gruppo empagliflozin e il gruppo placebo avevano tassi simili di ospedalizzazione per angina instabile. Il risultato EMPA-REG per l'endpoint composito di eventi microvascolare, si è concentrato sugli esiti microvascolari renali intesi come nefropatia incidente o peggioramento della nefropatia, definita come progressione a macroalbuminuria (rapporto albumina urinaria – creatinina > 300 mg di albumina per grammo di creatinina), un raddoppio del livello di creatinina sierica (accompagnati da un eGFR di ≤45 ml per minuto per 1.73 m2 [calcolata con la formula Modification di Diet in Renal Disease]), l'inizio della terapia renale sostitutiva, o la morte da malattia renale. Questo nuovo out come ha mostrato come empagliflozin sia associato ad una più lenta progressione della malattia renale e a più bassi tassi di eventi renali clinicamente rilevanti di quanto non fosse il placebo quando aggiunto al trattamento standard nei pazienti ad alto rischio cardiovascolare. Nello studio randomizzato, LEADER, la terapia con 1,8 mg di liraglutide al giorno o placebo per via sottocutanea è stata aggiunta al trattamento standard in più di 9000 pazienti che sono stati seguiti per 42-60 mesi, con out come primario che era il primo evento di morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico, o ictus non fatale. Il tasso di morte per qualsiasi causa è risultato inferiore nel gruppo in terapia con liraglutide rispetto al gruppo placebo, mentre i tassi di infarto miocardico, ictus, e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca non erano significativamente inferiori con liraglutide rispetto al placebo. In una sottoanalisi, la percentuale della primo evento morte per cause cardiovascolari, infarto miocardico non fatale, o ictus non fatale tra i pazienti con diabete mellito di tipo 2 era inferiore con liraglutide rispetto al placebo. Perché i risultati di EMPA-REG e del LEADER mostrano benefici cardiovascolari e microvascolari, mentre altri studi si sono avvicinati eppure non hanno mostrato risultati simili? Sono le differenze dovute alla inclusione ed esclusione dei   criteri negli studi specifici? I pazienti nel LEADER avevano l'emoglobina glicata superiore (media, 8,7%) rispetto a quella della maggior parte degli altri studi. I pazienti erano eleggibili sia se non erano stati trattati con un ipoglicemizzante in precedenza o se avevano assunto un trattamento con un ipoglicemizzante orale o insulina. Inoltre, i pazienti eleggibili avevano 50 anni di età o più anziani e avevano almeno un coesistente condizione cardiovascolare o erano 60 anni o più anziani e aveva almeno un fattore di rischio cardiovascolare, come giudicato dallo sperimentatore. Le condizioni concomitanti nei partecipanti dei due gruppi del LEADER erano simili. I partecipanti al LEADER avevano una minore prevalenza di malattia cardiovascolare (72,4%) rispetto a quelli dell’EXAMINE (alogliptin), del -TIMI 53 (saxagliptin), o TECOS (sitagliptin), tutti studi che hanno reclutato pazienti con malattia cardiovascolare nota, non solo con un fattore di rischio. Eppure, anche se ci possono essere state differenze tra i partecipanti alla base dei risultati positivi dell’EMPA-REG e del LEADER, tali differenze da sole non spiegano completamente i risultati. Questi risultati appaiono incoraggianti, ma sono solo l’inizio per quanto riguarda la gestione del diabete. Nei prossimi anni, studi controllati che mostrino l'efficacia comparativa tra agenti più nuovi e agenti più vecchi possono contribuire a delineare in maniera ancora più efficace e sicura il piano di trattamento per le persone affette da diabete tipo 2.

Fonte: NEJM June 14, 2016DOI: 10.1056/e1607413, Julie R. Ingelfinger.

Tratto da: Cardiolink, 22 giugno 2016