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Diabete e angioplastica: meno rischi con la doppia terapia antiaggregante a breve termine

La doppia terapia antiaggregante (Dapt) a breve termine dopo l'impianto di uno stent medicato non solo è efficace come quella lungo termine nei pazienti con o senza diabete, ma potrebbe ridurre i rischi e i costi di un trattamento prolungato. È quanto sostiene Giuseppe Gargiulo del Dipartimento di cardiologia all'Ospedale universitario di Berna, in Svizzera, primo firmatario sul British Medical Journal di uno studio di revisione con metanalisi. «La doppia terapia antiaggregante è lo standard di cura nei pazienti sottoposti a intervento coronarico percutaneo, ma la sua durata ottimale è oggetto di discussione, specie dopo l'impianto di stent medicato» scrivono gli autori, ricordando che da precedenti studi emerge che la doppia terapia antiaggregante a breve termine, ossia fino a 6 mesi dopo la procedura, non è inferiore in termini di efficacia a 12 mesi di trattamento.

«Il diabete è un noto fattore di rischio per la progressione della malattia cardiovascolare e delle complicanze ischemiche dopo intervento coronarico percutaneo» affermano i ricercatori, che hanno valutato l'impatto della malattia sulla prognosi dopo l'impianto di stent medicati in pazienti trattati con doppia terapia antiaggregante a breve (maggiore o uguale a 6 mesi) o a lungo termine (12 mesi). E i risultati, ottenuti analizzando sei studi controllati e randomizzati per un totale di 11.473 pazienti, parlano chiaro: «Dopo l'intervento coronarico percutaneo con impianto di stent medicati i nostri dati confermano che i diabetici, comprese le persone in terapia insulinica, sono a rischio maggiore di eventi ischemici rispetto ai soggetti non diabetici. Inoltre, rispetto al trattamento a breve termine, la doppia terapia antiaggregante a lungo termine non solo non ha ridotto l'endpoint ischemico ma ha leggermente aumentato il rischio di sanguinamento nei pazienti con e senza diabete» concludono gli autori. E in un editoriale di commento Jocasta Ball, dell'Australian Catholic University a Melbourne, scrive: «L'eventuale conferma di questi risultati potrebbe avere un effetto significativo sia sulle linee guida per il trattamento della malattia coronarica e della sindrome coronarica acuta, sia sulla gestione clinica della durata ottimale della doppia terapia antiaggregante dopo un'angioplastica coronarica con impianto di stent medicati».

Bmj. 2016. doi: 10.1136/bmj.i5483

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27811064, Bmj. 2016. doi: 10.1136/bmj.i5730

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/27811234

tratto da: Doctor33, 12 novembre 2016