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La retinopatia diabetica: a position statement

L’American Diabetes Association non rilasciava un position statement sulla retinopatia diabetica (RD) dal 2002, nonostante i rivoluzionari progressi avvenuti in tema di diagnostica e terapia. Fra questi, l’avvento della tomografia a coerenza ottica, le retinografie a campo allargato e i farmaci intravitreali per il trattamento dell’edema maculare diabetico (DME) e della RD proliferante. La RD viene ora definita complicanza “neurovascolare”, acquisendo i dati più recenti sul coinvolgimento precoce, a livello funzionale, della neuroretina. Vengono ribaditi i dati epidemiologici internazionali, soprattutto quelli relativi al contributo prioritario della RD alla cecità in età lavorativa (20-74 anni nel documento!), e all’impatto sulla prevenzione del controllo ottimizzato della glicemia e dell’ipertensione arteriosa, peraltro tenendo presente che obiettivi troppo stretti (<120 mmHg) non presentano vantaggi rispetto a <140 mmHg (risultati di ACCORD rispetto a UKPDS). Sottolineato il ruolo positivo del fenofibrato nel prevenire la progressione della RD, che può invece accelerare in corso di pubertà, gravidanza e in caso di rapido miglioramento del compenso glicometabolico. Poiché la RD rimane asintomatica fin quando non raggiunge gli stadi avanzati, la prevenzione mediante screening riveste un ruolo fondamentale. L’identificazione precoce e il trattamento tempestivo della RD grave possono prevenire fino al 98% della perdita visiva conseguente al diabete. Criteri e cadenze vengono ribaditi: andrebbe eseguita una visita oculistica completa entro 5 anni dalla diagnosi nel tipo 1 e alla diagnosi nel tipo 2, poi screening a intervalli anche biennali se dopo 2 o più controlli non è presente RD. Sottolineati la necessità di eseguire i controlli in midriasi e il ruolo della retinografia, pur raccomandando che quest’ultima non sostituisca del tutto le visite complete dell’apparato visivo, con cadenza da determinarsi a cura dell’oculista. Controlli sono raccomandati nelle donne diabetiche prima e durante una gravidanza, mentre non sono ritenuti necessari in corso di diabete gestazionale. Si ribadisce che la presenza di RD non controindica l’aspirina, soprattutto considerando che la RD è un importante fattore di rischio CV. Il riscontro dei segni di DME e/o RD non proliferante grave e/o proliferante indicano l’invio a consulenza oculistica urgente. La base della terapia per la RD proliferante rimane la fotocoagulazione, mentre per l’edema che coinvolge il centro della macula la prima scelta è ora la somministrazione di antagonisti del VEGF per via intravitreale. Rispetto alla precedente definizione ETDRS, il DME viene oggi classificato in base al coinvolgimento o meno del centro della fovea (CIDME=Central Involved DME). Sulla base dei recenti trial clinici, i tre agenti anti-VEGF approvati, bevacizumab, ranibizumab e aflibercept, hanno dimostrato efficacia equivalente nel DME con deficit visivo minore (20/40) mentre aflibercept risulta più efficace nelle forme con maggiore compromissione (≤20/50). Gli steroidi intravitreali, desametazone e fluocinolone, hanno indicazioni più limitate a causa dei loro effetti collaterali e della minor durata dell’effetto terapeutico. Gli anti-VEGF cominciano ad essere associati, o addirittura usati in alternativa, al laser anche nella RD proliferante. Un trial clinico indipendente ha infatti dimostrato la superiore efficacia del ranibizumab rispetto alla panfotocoagulazione, con migliori risultati clinici, minor deficit campimetrico e ridotto sviluppo di DME e di complicanze che necessitano di vitrectomia. Infine, dal punto di vista farmacoeconomico, se non è più in discussione la costo-efficacia di screening e fotocoagulazione, rimangono da valutare la telemedicina e i farmaci anti-VEGF. Benché i dati raccolti non permettano di raggiungere un consenso, la telemedicina è considerata costo-efficace in caso di un basso rapporto operatori/pazienti, nei territori vasti e poco popolati e quando l’alternativa è la mancanza di screening. La costo-efficacia dei farmaci anti-VEGF è dimostrata rispetto alla monoterapia laser mentre mancano dati riguardo al suo impiego nella DR proliferante.

Fonte: Diabetes Care 2017;40:412–418 | DOI: 10.2337/dc16-2641. Solomon SD.

Tratto da: Cardiolink, 225 aaprile 2017