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Retinopatia diabetica, possibile allungare l'intervallo per le visite di screening

Secondo un nuovo studio pubblicato sul New England Journal of Medicine, è possibile allungare l'intervallo tra le visite di screening per la retinopatia diabetica nei pazienti con diabete di tipo 1 a basso rischio. Le raccomandazioni attuali includono esami retinici annuali nei pazienti con diagnosi di diabete di tipo 1 posta da 5 anni, per rilevare la retinopatia proliferativa e l'edema maculare clinicamente significativo, che richiedono un intervento tempestivo per preservare la visione. I ricercatori hanno seguito 1.400 pazienti per quasi 30 anni negli studi Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) ed Epidemiology of Diabees Interventions and Complications (EDIC), in cui il fundus è stato fotografato durante i primi 10 anni ogni 6 mesi, e in seguito ogni 4 anni. «Abbiamo utilizzato immagini retiniche degli studi DCCT/EDIC per sviluppare una frequenza di screening razionale per la retinopatia» afferma David Nathan, del Massachusetts General Hospital e della Harvard Medical School, Boston, che ha guidato il gruppo di studio. Gli autori hanno analizzato le variazioni degli esiti negli esami dei pazienti per stimare le probabilità di progressione alla retinopatia diabetica proliferativa e per suggerire un programma di screening personalizzato che tenga conto dello stato della retinopatia del paziente.

Lo stato 1, che comprende pazienti con nessuna retinopatia, prevede una visita ogni 4 anni; lo stato 2, con retinopatia non proliferativa lieve, una visita ogni 3 anni; lo stato 3, con retinopatia moderata non-proliferativa, una visita ogni 6 mesi, mentre lo stato 4, con grave retinopatia non proliferativa, una visita ogni 3 mesi. Inoltre, in caso di aumento dei livelli di emoglobina glicata, lo screening deve essere effettuato più frequentemente. I ricercatori affermano che il loro programma di screening potrebbe far risparmiare 1 miliardo di dollari in 20 anni. In un editoriale di accompagnamento, però, Jamie Rosenberg, del Montefiore Medical Center, di New York, e Irena Tsui, della University of California, Los Angeles, ricordano che il reale risparmio dovrebbe essere provato tramite un apposito studio di costo-beneficio, e che allungare l'intervallo tra le visite potrebbe portare a una diminuita compliance allo screening, con conseguente aumento dei costi per le terapie.

N Engl J Med. 2017. doi: 10.1056/NEJMoa1612836

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28423305

N Engl J Med 2017. doi: 10.1056/NEJMe1701820

http://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMe1701820?query=featured_home

Tratto da: Doctor33, 28 aprile 2017

Nota dei WM: non siamo d’accordo sull’allungamento del programma di screening. Pensiamo che la prevenzione per tutte le patologie, ma soprattutto per quelle croniche, sia il miglior farmaco che esista e che abbiamo a disposizione. Risparmiare denaro oggi per spenderne molto di più domani, con le complicanze e quindi costi non definibili che, comunque, i burocrati non quantificano è quantomeno demenziale !!!