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Alle coronarie si arriva anche dal polso

 

Con l’angiografia transradiale è possibile studiare il cuore partendo dal braccio
MILANO - L’angiografia transradiale, una tecnica grazie alla quale è possibile raggiungere le coronarie attraverso il polso anziché l’arteria femorale, permette di ridurre le complicanze, diminuire i tempi di recupero e i costi ospedalieri degli interventi di angioplastica. A illustrare i benefici medici ed economici di questo approccio sono alcuni cardiochirurgi dell’Università dell’Illinois e del Jesse Brown VA Medical Center di Chicco, tra i pochi negli Usa a promuovere l’utilizzo di questa tecnica ancora poco diffusa.
COME FUNZIONA – La procedura prevede l`introduzione del catetere per l’esame delle coronarie nella piccola arteria radiale del polso. L’obiettivo, come nel caso della coronarografia tradizionale (nella quale l’accesso alle coronarie parte dall’arteria femorale) è quello di visualizzare tali arterie in modo chiaro e completo per valutare se e quanto la malattia aterosclerotica le ha colpite. Tale conoscenza consente di pianificare in modo preciso la terapia più adatta, chirurgica o interventistica mediante angioplastica, alla quale viene oggi quasi sempre associato l’impianto di una o più protesi metalliche (stent).
PRO E CONTRO - «Si tratta di un semplice cambiamento rispetto all’approccio femorale, che può però avere un impatto significativo sul recupero post operatorio del paziente» afferma Adhir Shroff dell`University of Illinois. L`approccio transradiale può infatti ridurre il rischio di emorragia - la complicanza più comune soprattutto tra donne e anziani - a meno dell`1% dei casi, e consente ai pazienti di tornare a camminare e a muoversi subito dopo l`operazione, a differenza di ciò che accade con la coronarografia standard attraverso l`arteria del femore, che necessita di almeno 4/6 ore di immobilità post intervento. «L’approccio transradiale è ancora poco diffuso in Italia, mentre in altri Paesi, per esempio la Francia, va per la maggiore – riferisce il professor Antonio Bartorelli, direttore dell’U.O. di cardiologia invasiva e intervenzionale del Centro cardiologico Monzino -Università di Milano -. La procedura ha il vantaggio di essere legata a meno complicanze cardiovascolari e di consentire al paziente di camminare sin da subito. Tuttavia ha anche dei limiti. Per esempio in pazienti con anatomie particolarmente tortuose dei vasi del braccio è difficile far navigare il catetere fino alle coronarie e quindi in questi casi è più indicato l’approccio tramite l’arteria femorale. Non solo, nell’angiografia transradiale si possono utilizzare solo cateteri di dimensioni limitate, mentre certi casi richiedono l’impiego di cateteri di dimensioni maggiori. Infine, sebbene sia un’evenienza rara, si può verificare un’occlusione dell’arteria radiale a causa del catetere. Va però anche ricordato che in alcuni casi, quello radiale è un approccio obbligato. Per esempio si utilizza nei pazienti che presentano ostruzioni a livello dell’arteria femorale e nei grandi obesi, nei quali è difficile raggiungere l’arteria femorale per via della massa adiposa».
Tratto da: Corriere della Sera Salute, Antonella Sparvoli, 18 marzo 2010