5permille
5x1000
A te non costa nulla, per noi č importante!
C.F. 98152160176

Quando lo zucchero (e il grasso) crea dipendenza

I cibi dolci e grassi creano nuove connessioni cerebrali che spingono a volerne sempre di più. Questa spinta era utile agli uomini primitivi, ma oggi sostiene l’aumento di casi di obesità e diabete.

Com’è che non riusciamo a resistere alla tentazione della cioccolata, delle patatine fritte o della proposta al dessert del tiramisù? “Colpa” della cosiddetta “dieta occidentale”, dicono i ricercatori del Max Planck Institute di Colonia (Germania), termine che implica da parte loro una severa condanna: troppi grassi, troppi zuccheri. E il loro impegno di studiosi li ha portati a mostrare come anche quantità basse ma continue di questi ingredienti abituino il cervello a consumarli e a cercarli. Vengono addirittura alterati alcuni circuiti cerebrali, quelli che regolano il meccanismo della ricompensa, della gratificazione, che viene esaltato da questi sapori piacevoli. Indebolendo, di conseguenza, l’attrazione per i cibi poveri di grassi e di zuccheri (inutile aggiungere, più salutari).

LA DOPAMINA E LA RICOMPENSA

Non si tratta di un’attrazione innata, ma appresa. Il cervello viene “adattato” a questa preferenza. Gli studiosi tedeschi hanno fatto un esperimento con un gruppo di volontari di peso normale offrendo loro ogni giorno, per otto settimane, un dolce ricco di zucchero e di grassi da mangiare in aggiunta alla dieta solita e offrendo a un equivalente gruppo di controllo un dolce con le stesse calorie, ma meno grasso. Durante la prova e dopo è stata misurata l’attività cerebrale dei volontari. Si è visto che appariva particolarmente attivato il sistema dopaminergico, la regione cerebrale responsabile della motivazione e della “ricompensa”.

PIÙ ZUCCHERO E GRASSO, MA NON AUMENTO DI PESO

«Abbiamo constatato che il cervello si ricabla da solo attraverso il consumo di patatine & co. In modo inconscio impara a preferire il cibo che gratifica e noi preferiremo sempre, senza rendercene conto, gli alimenti che contengono tanto grasso e tanto zucchero», spiega Marc Tittgemeyer, che ha guidato la ricerca. Durante il periodo dell’esperimento le persone del primo gruppo non sono aumentate di peso rispetto ai volontari del gruppo di controllo e pure valori come la glicemia e i livelli di colesterolo non si sono alzati. Questo indica che c’è un effetto diretto dei cibi grassi/dolci sull’adattamento neurocomportamentale che può aumentare i rischi di mangiare troppo e di prendere peso.

OGGI PIÙ OBESITÀ E DIABETE

«Poiché si sono create nuove connessioni cerebrali, queste non si dissolveranno tanto rapidamente, perdurando dopo le otto settimane della prova», commenta Marc Tittgemeyer. Negli uomini primitivi la creazione di questo stimolo indotto era funzionale perché spingeva verso la ricerca di cibi ricchi di calorie, il che aiutava la sopravvivenza quando il cibo era molto scarso. Ma oggigiorno questa spinta conduce a una crescita dell’epidemia di obesità in atto e di casi di diabete.

UN CIBO CHE CREA DIPENDENZA

Si osserva anche, da parte di diversi scienziati, che questa tensione è simile al comportamento e alle caratteristiche neurobiochimiche legati alle droghe, da cui l’idea che si possa parlare di dipendenza dal cibo. Mangiare come drogarsi. C’è il fatto primario che il cervello usa più energia di qualsiasi organo umano e che il glucosio rappresenta la sua fonte primaria di “carburante”. Ma se questa “benzina” è eccessiva si possono avere effetti negativi tipo compromesse capacità cognitive e diminuito autocontrollo: per tante persone un po’ di zucchero stimola la voglia di averne di più.

CIBO COME SESSO E DROGA

Per meglio delineare la “risposta della ricompensa” va detto che si attiva dinanzi a una gratificazione tipo il cibo, il sesso, le droghe e che attivare questo cammino crea una connessione tra le sensazioni di piacere e il comportamento, il che spingerà a ripetere quel comportamento all’origine del piacere. Con tutto questo aumenta pure il senso di fame, cosa che non accade con i cibi poco glicemici. Appunto, più salutari.

Tratto da: Fondazione Veronesi, Serena Zoli, 25 aprile 2023