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Il diabete aumenta il rischio di malattie cardiovascolari, anche se il colesterolo é ok

Una persona con diabete 2 su tre presenta livelli elevati di biomarcatori indicativi di danno cardiaco. Lo screening delle due proteine specifiche, in aggiunta alla valutazione tradizionale del colesterolo e dell’ipertensione, potrebbe riconoscere precocemente i pazienti a rischio.

Il diabete di tipo 2 non si presenta quasi mai da solo. Un paziente su tre, a sua insaputa, potrebbe soffrire di qualche malattia cardiovascolare. La casistica è stata dedotta dagli autori di uno studio pubblicato sul  Journal of the American Heart Association sulla base dei risultati delle analisi del sangue di oltre diecimila adulti. Nelle persone con diabete 2 sono spesso presenti elevati livelli di due proteine riconosciute come biomarcatori di danno cardiaco. Nelle persone senza diabete non vengono rilevati gli stessi valori.

La novità dello studio consiste nel riconoscere il diabete in sé come fattore di rischio cardiovascolare, indipendentemente dal livello del colesterolo che è stato a lungo considerato il principale responsabile del danno cardiaco nei pazienti affetti dalla malattia metabolica.

C’è un cambio di paradigma: il diabete di tipo 2 può avere un effetto diretto sul cuore non correlato ai livelli di colesterolo. La logica conseguenza è che i farmaci per abbassare il colesterolo potrebbero non essere sufficienti a ridurre il danno cardiaco. 

«La nostra ricerca suggerisce che sono necessarie ulteriori terapie non correlate alle statine per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari nelle persone con diabete di tipo 2», ha dichiarato Elizabeth Selvin, Ph.D., M.P.H., professoressa di epidemiologia alla Johns Hopkins Bloomberg School of Public Health di Baltimora, coautrice dello studio.

Gran parte della ricerca, finora, si è concentrata sul ruolo di alcuni fattori di rischio tradizionali come l'ipertensione e il colesterolo nella salute cardiovascolare.  Il nuovo studio suggerisce di aggiungere alle analisi tradizionali anche lo screening per alcuni biomarcatori cardiaci nella valutazione di routine del rischio cardiovascolare.

«Misurare i biomarcatori in modo più sistematico può aiutarci a concentrarci sulle terapie di prevenzione cardiovascolare per le persone con diabete di tipo 2 che sono a rischio più elevato», ha aggiunto Selvin.

I due test che valutano la salute del cuore sono quello della troponina cardiaca T e quello dei biomarcatori del peptide natriuretico pro-B di tipo N-terminale. Queste analisi vengono abitualmente utilizzate per diagnosticare un infarto o l’insufficienza cardiaca. Ma un leggero aumento nel livello di queste proteine nel flusso sanguigno può essere un segnale premonitore di cambiamenti nella struttura e nella funzione del cuore. Gli scienziati hanno ricercato nei campioni di sangue di oltre 10mila adulti i segnali premonitori delle malattie cardiache per scoprire se le persone con diabete avessero un rischio maggiore di soffrire di una malattia cardiaca inizialmente asintomatica rispetto alle persone senza diabete. I partecipanti non avevano alcun disturbo cardiovascolare diagnosticato al momento del prelievo del sangue.

Dai risultati delle analisi è emerso che un terzo (33,4%) degli adulti con diabete di tipo 2 presentava segni di malattia cardiovascolare non rilevata, come indicavano i livelli elevati dei due marcatori, rispetto a solo il 16,1 per cento di quelli senza diabete.

Tra gli adulti con diabete di tipo 2, livelli elevati dei due marcatori erano associati a un aumento doppio del rischio di morte per tutte le cause e di morte cardiovascolare rispetto ai livelli normali di queste proteine nel sangue.

«Abbiamo osservato che molte persone con diabete di tipo 2 che non hanno avuto un infarto o non hanno una storia di malattie cardiovascolari sono ad alto rischio di complicanze cardiovascolari. I biomarcatori cardiaci offrono una visione in prospettiva sul rischio cardiovascolare in quelle persone che altrimenti potrebbero non essere riconosciute a rischio più elevato», conclude Selvin.

Tratto da: Healthdesk, 08 giugno 2023