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Obesità, gli agonisti del recettore del GLP-1 sono la svolta dell’anno

Premiata come “Breakthrough” la recente scoperta che questi medicinali possono attenuare i problemi di salute associati all'obesità.

La rivista Science ha definito lo sviluppo dei farmaci agonisti del recettore del peptide-1 simile al glucagone (GLP-1), e la recente scoperta che questi medicinali possono attenuare i problemi di salute associati all'obesità, come il Breakthrough, la svolta, dell'anno 2023.

«I trattamenti farmacologici per l'obesità hanno avuto un passato triste, spesso intrecciato con la pressione sociale per perdere peso e la convinzione diffusa che l'eccesso di peso riflettesse una scarsa forza di volontà» scrive Jennifer Couzin-Frankel, redattrice di Science, in un articolo che dà notizia della decisione del giornale.

All’inizio degli anni ’80, i ricercatori scoprirono il GLP-1 mentre studiavano il diabete e la regolazione dello zucchero nel sangue. Il primo farmaco che mirava al recettore per il GLP-1 è stato exenatide, approvato nel 2005 per il diabete di tipo 2. Quasi cinque anni dopo Novo Nordisk ha rilasciato liraglutide, inizialmente approvato per il diabete, ma alla fine del 2014 reso utilizzabile anche per l'obesità.

Questo tipo di medicinale però non ha preso davvero piede fino a due anni fa, quando un altro farmaco di questo tipo, semaglutide (Novo Nordisk), che richiedeva un’iniezione una volta alla settimana anziché una o due volte al giorno, è stato approvato per la gestione del peso negli Stati Uniti. In uno studio, le persone che lo assumevano avevano perso il 15% del loro peso corporeo in circa 16 mesi.

Ma le prove sui benefici sono andate oltre la semplice perdita di peso. Ad agosto, uno studio condotto su 529 persone con obesità e insufficienza cardiaca ha rilevato che, dopo un anno, le persone trattate con semaglutide avevano un miglioramento cardiaco quasi doppio, e potevano camminare per 20 metri in più in sei minuti, rispetto a quelle che assumevano un placebo.

In uno studio pubblicato a novembre sul New England Journal of Medicine, che ha interessato 17.000 persone con eccesso di peso e malattie cardiovascolari, gli individui trattati con semaglutide hanno mostrato di avere un rischio inferiore del 20% di attacchi cardiaci e ictus fatali o non fatali rispetto a quelli trattati con placebo. Inoltre, un lavoro che ha esaminato se semaglutide potesse ritardare la progressione della malattia renale nei pazienti diabetici, ha mostrato risultati così positivi che è stato interrotto in anticipo.

Come tutti i farmaci, anche questi presentano effetti indesiderati e incognite, tanto che alcuni pazienti abbandonano il trattamento per la nausea e altri problemi gastrointestinali, e sono stati evidenziati da alcuni gruppi di studio rischi di ostruzione intestinale e di pancreatite.

Il principale problema di questi medicinali, che costano più di 1.000 dollari al mese, tuttavia, è che pare che per conservare la perdita di peso sia necessario proseguirne l’assunzione in maniera continuativa. Alcuni esperti, infatti, hanno riferito che le persone che avevano interrotto la terapia hanno visto ritornare due terzi del peso corporeo perso dopo un anno.

Sembra che in futuro arriveranno nuove terapie legate agli ormoni, che dovrebbero essere ancora più efficaci, come la tirzepatide. «Queste nuove terapie stanno rimodellando non solo il modo in cui viene trattata l’obesità, ma anche il modo in cui essa viene intesa, ovvero come una malattia cronica con radici biologiche e non come un semplice fallimento della forza di volontà» conclude l’autrice.

Science 2023

https://www.science.org/content/article/breakthrough-of-the-year-2023#section_breakthrough

Tratto da: Doctor33, 04 gennaio 2024